venerdì 29 marzo 2013

Il grande Inverno

Autore: George R.R. Martin 
Titolo originale: A Game of Thrones - Book one of a Song of Ice and Fire
Volume: 2 di 12 de "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco"

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Fatte le dovute "presentazioni" ne Il trono di spade, comincia, ne Il grande Inverno, il "vero" gioco del trono.
Benché, ahimè, mi fossi "spoilerata" i tre quarti della storia a causa della serie tv, è stato un piacere leggere questo romanzo, ricco di colpi di scena, avventura e capovolgimenti.
Non ci sono capitoli noiosi, tranne forse quelli dedicati ad Eddard, di sicuro non il mio personaggio preferito, anche se mi è spiaciuto leggere della sua fine (raccontata, però, senza troppo scalpore o drammi, come ci si sarebbe potuti aspettare, e ciò mi ha favorevolmente colpito).
Anche in questo volume, personaggi a tutto tondo come già nel primo, e scene memorabili senza dover necessariamente mettere in campo combattimenti o plot twist. Una di quelle che ho apprezzato di più, infatti, è stata la scena in cui Cersei e gli uomini del Consiglio Ristretto convincono Sansa -che vedremo crescere ed aprire gli occhi su ciò che la circonda- a scrivere una lettera alla madre e al fratello. E' una scena drammatica, in cui vengono allo scoperto come non mai la malvagità e l'egoismo della regina, che manipola una ragazzina spaventata e non batte ciglio al sentire a cosa è destinata la piccola Jeyne, né, in quanto donna, spende una sola parola per impedire la cosa.
Molto belle le scene di battaglia o di preparazione ad essa, condite da una miriade di nomi di lord, luoghi e descrizioni di stemmi, che da soli varrebbero la lettura del romanzo.
Un pò distante "dal coro" la storia di Daenerys, che ho apprezzato meno rispetto alle altre. In particolare, mi ha lasciata perplessa la questione della maegi e ciò che capita a Drogo. Benché, infatti, avessi pensato che il khal avrebbe dovuto uscire di scena per permettere alla storia di continuare, ho trovato gli eventi che portano alla sua dipartita un pò tirati per i capelli. Spero proprio che streghe, incantesimi e ombre dall'aldilà non diventino troppo frequenti nei prossimi volumi, che non vedo l'ora di leggere!

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Retro copertina: Nella terra dove le stagioni possono durare intere generazioni divampa la guerra tra la bella e corrotta regina Cersei Lannister e i lord dei Sette Regni fedeli ai coraggiosi signori di Grande Inverno. Intanto, nelle grandi pianure orientali, la principessa Daenerys Targaryen, ultima discendente della dinastia del Drago, si prepara con i suoi poteri straordinari alla riconquista del regno dei suoi avi. Ma la vera minaccia sono gli Estranei che avanzano da nord, esseri misteriosi, per secoli ritenuti a torto frutto della fantasia. Odiano la vita, il calore, il fuoco, l'estate, perché essi sono la morte, il freddo, il ghiaccio e il gelido inverno. La fine della lunga estate è vicina, l'inverno sta arrivando e non durerà poco: solo un nuovo prodigio potrà squarciare le tenebre. Intrighi e rivalità, guerre e omicidi, amori e tradimenti, presagi e magie si intrecciano anche nel secondo romanzo della saga "Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco", avvincente e crudo come i più grandi poemi epici.

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Giudizio personale: 5/5

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Gli eventi raccontati in questo secondo volume della saga di Martin trovano la loro trasposizione televisiva nelle ultime cinque puntate della prima serie tv della HBO Game of Thrones, anche se alcune scene dell'episodio finale appartengono al terzo volume Il regno dei lupi.


La serie continua ad essere molto aderente al romanzo, pur con qualche piccola variazione (il personaggio del mercenario Bronn, ad esempio, è, nella trasposizione televisiva, più simpatico di quanto non appaia nel libro).
Ho apprezzato molto come è stata raccontata la storia di Daenerys, in particolare ho trovato ottima la scelta di mostrare la ragazza immune al fuoco nella scena con le uova di drago, prima dell'"incoronazione" di Viserys. Ciò dà molto più senso a quello che la Targaryen dice: "Non eri un vero drago. Il fuoco non può uccidere un drago". E, a dire il vero, non trovare la scena delle uova nel libro mi ha piuttosto delusa, e credo che sia una delle poche volte in cui una trasposizione televisiva si dimostra migliore - anche se solo per la narrazione di un singolo evento - di un romanzo.


Mi è piaciuto anche come è stata gestita la storia di Drogo e della maegi (che, come ho scritto sopra, non ho gradito granché in generale), senza nulla di troppo eclatante e senza troppe "ombre" dall'aldilà.
Un pò deludente l'assenza completa delle scene di guerra (pare per mancanza di fondi), che, giustificata dalla caduta di Tyrion una volta, sembra generare un vero e proprio "buco" nella narrazione quando Robb torna improvvisamente vincitore contro Jaime Lannister.
Da brivido, invece, e del tutto all'altezza del romanzo, la scena in cui viene proclamato il re del Nord.


Di seguito, la sigla in versione "simpsoniana" (qui la versione originale):



domenica 24 marzo 2013

Memoria delle mie puttane tristi

Autore: Gabriel Garcia Marquez
Titolo originale: Memoria de mis putas tristes

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Sono passati anni dall'ultima volta che ho letto un romanzo di Gabriel Garcia Marquez, eppure il suo stile è così inconfondibile, che si riconosce la sua unicità sin dalle prime righe.
In questo libro, un giornalista novantenne raccoglie le memorie di una vita, secondo lui, sprecata, in cui non ha saputo fare altro che scappare dalle responsabilità e passare da una prostituta all'altra.
Non ha costruito nulla, non si è mai legato a nessuno, non ha mai amato veramente.
Eppure l'amore bussa alla sua porta ad un'età in cui "la maggior parte delle persone è già morta", e lo fa sotto forma di una ragazzina quattordicenne, una vergine che lui aveva scelto di regalarsi proprio in occasione del giorno del suo novantesimo anno.
Ciò di cui si innamora, in realtà, è piuttosto l'idea che ha della fanciulla, i momenti passati insieme nella sua fantasia, tanto che di lei non vuole conoscere neppure il vero nome, non vuole vederla sveglia, non vuole sentire il suono della sua voce.
E' un amore che si riversa su qualcosa che forse nemmeno esiste, ma è tuttavia un amore reale, che lo rende pazzo di gelosia, che gli fa amare questa vita considerata fino ad ora inutile, che lo fa pensare, per una volta, al futuro. Ed è un amore che sceglie di non mischiare con il sesso, che è fatto di carezze, storie sussurrate all'orecchio, regali sul cuscino.

Il romanzo da principio non mi aveva preso molto, anzi, avevo deciso di continuare a leggere solo perché breve, ma poi si è rivelato bellissimo (benché resti sempre almeno alquanto perplessa, pur considerando il tempo e il luogo, quando il personaggio femminile di storie come questa è minorenne), lieve, a tratti nostalgico, poi sereno, soprattutto strabordante di voglia di vivere.
E l'immagine forse più bella, è proprio quella che incarna la gioia di vivere, quella del novantenne che va in bici, cantando, finalmente libero.
Di vivere, di amare, anche di morire, sapendo però che ne è davvero valsa la pena.

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Retro copertina: "L'anno dei miei novant'anni decisi di regalarmi una notte d'amore folle con un'adolescente vergine." Comincia così Memoria delle mie puttane tristi, ideale compimento di un libro indimenticabile come L'amore ai tempi del colera. A raccontare è la voce del protagonista, un giornalista eccentrico e solitario che, giunto in tarda età, scopre il "piacere inverosimile di contemplare il corpo di una donna addormentata senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore". Scopre, forse per la prima volta, l'amore. Struggente e gioioso al tempo stesso, Memoria delle mie puttane tristi è l'emozionante riscoperta dell'universo fantastico e inimitabile di uno dei massimi e più amati scrittori contemporanei, un atto di magia narrativa che si impossessa dei nostri sentimenti, penetrando il mistero della vita.

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Giudizio personale: 5/5


venerdì 22 marzo 2013

Definitely not Mr. Darcy

Autrice: Karen Doornebos

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Ero molto entusiasta di cominciare la lettura di questo libro, e per la trama, e per il suo essere Austen-related.
Ed in effetti la prima parte è stata molto carina, carica di promesse, ben scritta (per quanto ne possa capire io di stile in un romanzo in inglese). Il primo "scricchiolio" è stato la subitanea attrazione che la protagonista Chloe prova per Mr. Wrightman, l'uomo da conquistare. Ho provato a spiegarmelo considerando il fatto che Chloe è una Janeite all'ennesima potenza, e Mr. Wrightman, almeno all'inizio, piuttosto Darcy-like, ma alla lunga la cosa pare davvero esagerata.
Inoltre, pur sapendo che si sarebbe trattato di dating show, mi hanno dato fastidio i meccanismi del gioco, ed ho pensato che fosse umiliante per delle donne partecipare ad un programma del genere.
Mi sono piaciute molto, invece, tutte le descrizioni degli oggetti utilizzati nella Reggenza, a fare, ad esempio, da "dentifricio" o "deodorante", ma ancor di più, le riflessioni della protagonista sulla condizione femminile nel XIX secolo, che le fanno - e ci fanno - considerare molto meno romanticamente tale periodo.
Le seconda parte del romanzo risulta noiosa e riempitiva, mentre si rivela più interessante, seppur ormai del tutto prevedibile, la terza ed ultima.

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Trama: Chloe Parker was born two centuries too late. A thirty-nine-year- old divorced mother, she runs her own antique letterpress business, is a lifelong member of the Jane Austen Society, and gushes over everything Regency. But her business is failing, threatening her daughter's future. What's a lady to do?
Why, audition for a Jane Austen-inspired TV show set in England, of course.
What Chloe thinks is a documentary turns out to be a reality dating show set in 1812. Eight women are competing to snare Mr. Wrightman, the heir to a gorgeous estate, along with a $100,000 prize. So Chloe tosses her bonnet into the ring, hoping to transform from stressed-out Midwest mom to genteel American heiress and win the money. With no cell phones, indoor plumbing, or deodorant to be found, she must tighten her corset and flash some ankle to beat out women younger, more cutthroat, and less clumsy than herself. But the witty and dashing Mr. Wrightman proves to be a prize worth winning, even if it means the gloves are off...

( Chloe Parker è nata due secoli troppo tardi. Madre trentanovenne divorziata, dirige la sua impresa di stampa antica in rilievo, è membro di lunga data della Jane Austen Society, e si esalta per tutto ciò che è Regency. Ma la sua impresa sta fallendo, minacciando il futuro di sua figlia. Cosa deve fare una signora?
Un'audizione per un TV show ispirato a Jane Austen ambientato in Inghilterra, naturalmente!
Quello che Chloe pensa sia un documentario si rivela essere un reality show ambientato nel 1812. Otto donne sono in competizione per accalappiare Mr. Wrightman, l'erede di una splendida tenuta, insieme a un premio di 100000 dollari. Così Chloe lancia la sua cuffietta nell'arena, sperando di trasformarsi da mamma stressata del Midwest a raffinata ereditiera americana e vincere il denaro. Senza cellulari, impianto idraulico interno, o deodoranti in vista, deve stringere il suo corsetto ed esporre le caviglie per superare le donne più giovani, più spietate e meno goffe di lei.
Ma l'arguto e affascinante Mr. Wrightman dimostra di essere un premio che vale la pena vincere, anche se ciò significa levarsi i guanti... ).

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Giudizio personale: 3/5


venerdì 15 marzo 2013

Hakawati - Il cantore di storie

Autore: Rabih Alameddine
Titolo originale: The Hakawati

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Un moderno Le mille e una notte. Così potremmo definire questo romanzo in cui si intrecciano innumerevoli storie ispirate all'Antico Testamento, alle opere di Ovidio, Shakespeare, Calvino, autori arabi, il Corano, fiabe siriane e libanesi, le stesse Mille e una notte.
Su tutte, la storia del narratore, Osama, rientrato in Libano dagli Stati Uniti, di suo padre e di suo nonno, in un caleidoscopio di vite ed esperienze che affascina ma che, a dire il vero, almeno all'inizio, può creare un pò di confusione.
Mi piacciono molto i libri che raccontano uno spaccato di storia di un paese lontano e le sue tradizioni, e questo è ciò che ci regala Hakawati, la storia del Libano, di una famiglia drusa, ebrea e araba, l'inizio della guerra tra israeliani e palestinesi, l'impossibile ritorno ad un passato che non esiste più.
I personaggi della numerosa famiglia di Osama sono tutti ben costruiti e interessanti, ognuno con la sua personalissima storia da cui ne scaturiscono mille altre - primo fra tutti, il mio preferito, lo zio Jihad -.
Tra i racconti che esulano da quello familiare, spiccano quello di Baybars - che alla lunga ho trovato leggermente noioso - e quello di Fatima, zeppi di emiri, jinn e sultani, che ci lasciano assaporare l'Oriente lontano.
Un romanzo notevole per la sua struttura e per la toccante esperienza del narratore, diviso a metà tra il suo paese d'origine e quello d'adozione, che torna nei luoghi della sua infanzia e adolescenza solo per scoprirli distrutti dalla guerra, che però non ha scalfito gli affetti più profondi della sua vita.

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Quarta di copertina: "Ascoltami. Sarò il tuo dio, se me lo concedi. Ti voglio condurre in un viaggio al di là di ogni immaginazione. Ti voglio raccontare una storia ".

"Una storia epica, nel senso insieme più antico e più innovativo del termine, spaziando dal Corano al Vecchio Testamento, da Omero a Sheherazade. E' impossibile non farsi coinvolgere". Jonathan Safran Foer

"Hakawati. Il cantore di storie è un romanzo straordinario: un trionfo di narrazioni". Alexander Hemon

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Giudizio personale: 4/5

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Approfondimenti - Umm Kulthum

Nacque in Egitto presumibilmente nel 1904. Fino ai 23 anni cantò in vari teatri travestita da ragazzo, per poi trasferirsi al Cairo, dove incontrò il poeta Ahmed Rami, che scrisse per lei 137 canzoni, e il virtuoso del liuto  Mohamed El Kasabji, che la presentò all'Arabian Theatre Palace, dove ebbe il suo primo grande successo.
Nel 1932 divenne abbastanza famosa da cominciare una grande tournée in città come Damasco, Baghdad, Beirut, e Tripoli e la sua fama le permise di incontrare l'allora presidente dell'Egitto Gamal Abdel Nasser. Nel 1967 ricevette anche un telegramma da Charles De Gaulle.
Precedentemente, nel 1944, il re d'Egitto Farouk I l'aveva insignita della più alta onorificenza, riservata solo ai membri della famiglia reale e ai politici.
Nonostante ciò, la famiglia reale si oppose rigidamente ad un possibile matrimonio tra la cantante e uno zio del re, e questo portò Umm ad allontanarsi dai reali e a dedicarsi alle cause della gente comune. Cantò, ad esempio, per la legione egiziana catturata a Faluja nel 1948, durante il conflitto arabo-israeliano. Tra i soldati catturati, vi era anche Gamal Abdel Nasser, proprio il futuro presidente che l'avrebbe in seguito ricevuta.
Negli anni '50 le venne diagnosticata una grave nefrite, che la portò prima negli Stati Uniti per le cure mediche, e poi alla morte, al Cairo, nel 1975.
Il corteo funebre che seguì il suo feretro si estese per ben 10 chilometri.
Ancora oggi Umm Kulthum è ricordata come la più grande cantante araba della storia della musica, ed è conosciuta anche come Kawkab al-Sharq , cioè "Stella dell'Est".

Le sue canzoni trattavano per lo più di temi universali come l'amore, l'attesa e la perdita, ed erano misurate in ore, piuttosto che in minuti.
Un suo tipico concerto consisteva di una performance di due o tre canzoni, per una durata di tre o quattro ore.
Pare che, quando i concerti della cantante erano trasmessi in diretta radiofonica, il parlamento egiziano interrompesse le proprie sedute per permettere ai deputati di ascoltarli.
Fonte: Wikipedia


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Ecco il dipinto di Adriaen Van der Werff citato nel romanzo, in cui Sara offre ad Abramo la sua schiava egiziana Agar.

domenica 10 marzo 2013

Heat rises

Autore: Richard Castle
Probabili ghost writers: Tom Straw ed Andrew Marlowe
Titolo originale: Heat rises

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Il personaggio telefilmico di Richard Castle scrive Heat rises, terzo volume dei romanzi di Nikki Heat, durante la terza serie dello show, e così come alcuni episodi di questo -gli ultimi, per lo più- concentrano la propria attenzione sul capitano Montgomery, così la storia narrata in questo libro si concentra sul capitano Montrose, anche se evita ogni legame con l'omicidio della madre di Nikki (cosa che invece accade nel telefilm in relazione all'omicidio della madre di Kate).
Il caso su cui si trovano ad indagare la detective Heat e la sua squadra è probabilmente quello che mi è piaciuto di più tra i tre raccontati finora; il personaggio di Ochoa -corrispettivo cartaceo di Esposito- è molto simpatico e le scene tra Nikki e Jameson sono carinissime, come quella dello "strip Proust".
In particolare il personaggio di Rook è molto divertente (ricorda il Castle delle prime stagioni), premuroso e dolcissimo.
I riferimenti alla serie si fanno attendere nella prima parte, ma poi cominciano ad essere innumerevoli nella seconda: ritroviamo, ad esempio, lo stripper tedesco dalla lunga chioma bionda incontrato nella 3x07 o il pub degli scrittori con tanto di sotterraneo segreto come quello acquistato da Castle nella 3x10.
Bella la scena in cui Nikki è braccata da un gruppo di uomini determinati ad ucciderla e carino il passaggio: " Bloccata a est, gli altri tre si sarebbero presto fatti sotto da ovest. La Trasversale le tagliava la strada a sud. Ma sette isolati più a nord, vicino al lago artificiale, c'era il posto di polizia del Distretto di Central Park. Potevano essere poco più di dieci chilometri.
Che altro c'era? Heat immaginò la mappa del parco e le saltò in mente una parola.
Castle ".
Lì per lì sembra quasi naturale che la protagonista in un momento difficile, ad un passo dalla morte, pensi al suo collega, ma usciamo subito dall'universo telefilmico per rientrare in quello cartaceo e renderci conto che si tratta del Belvedere Castle, il castello che dà sul lago artificiale del Central Park.
Mi fa piacere che la parola non sia stata tradotta, l'effetto non sarebbe stato lo stesso.
Per il resto, purtroppo, la traduzione lascia perplessi così come lo stile, con passaggi poco chiari che non so se imputare all'una o all'altro e un continuo ripetere ad inizio frase: "Heat disse: ", "Nikki disse:" che rendono lo stile davvero poco elegante.
Il finale è amaro, richiamando molto da vicino quello della terza stagione della serie tv; tuttavia non si tratta di un vero e proprio cliffhanger, seppur di impatto, visto che riguarda uno dei due personaggi principali.

Altri riferimenti alla serie tv:
- al religioso vittima di omicidio piacevano i romanzi gialli di Cannell, Connelly, Lehane e Patterson, autori apparsi in alcuni episodi di Castle come amici di poker dello scrittore ( e Lehane elogia Richard Castle sulla copertina di Heat Rises);
- Craig, l'infermiere pronto a flirtare che Nikki incontra in ospedale è l'alter ego cartaceo dell'infermiere Greg  apparso nella 3x05;
- l'ornitologo che avverte la polizia per aiutare Nikki braccata al parco sembra richiamare quello dell'episodio 3x08;
- il fatto che Rook dice che passerebbe delle ore in un negozio per spie, soprattutto perché si vede su tutti i monitor, richiama alla mente la scena nella 1x06, quando Castle si definisce "ruggedly handsome";
- le pizzerie "Legendary Luigi's Pizza" e "Luigi's Original" evocano quelle della 3x20;
- il capitano Irons che sostituisce Montrose sembra richiamare il capitano "Iron" Gates della serie, anche se questa compare per la prima volta in Castle solo nella quarta stagione;
- a pagina 255 dell'edizione italiana, salta fuori una signora "Nathan";
- l'agente Phil Podemski pensa che Nikki e Rook lo abbiano incontrato per ottenere dei lavori da spogliarellisti; una cosa simile accade a Ryan ed Esposito nella 3x07;
- Rook si paragona a Malcom Raynolds, personaggio interpretato da Nathan Fillion e protagonista di Firefly, serie citata spesso in Castle;
- il reality "Vendetta in diretta" citato nel romanzo richiama quello della 3x02;
- il secondo nome di Jameson Rook è Alexander, stessa cosa per Richard Castle;
- la "Lavagna del Delitto Sud" sulla quale lavorano Nikki e Rook ricorda quella dell'hotel nella 3x22;
- la protagonista del romanzo di Rook, "Il castello del suo infinito desiderio", si chiama Kate Sackett;
- viene citato il film Quantum of Solace, in cui ha recitato Stana Katic;
- a Nikki piace giocare ad Angry Birds, così come a Kate;
- Nikki chiede a Rook se ha mai pensato di scrivere gialli.

La dedica e i ringraziamenti: 
visti gli eventi accorsi soprattutto nel finale della terza stagione, risulta molto significativa la dedica del romanzo "Al capitano Roy Montgomery, NYPD. Che ha preso posizione e mi ha insegnato tutto quello che occorre sapere sul coraggio e sul carattere".
E' nei ringraziamenti, però, che troviamo una vera e propria fusione tra mondo reale e fiction: lo scrittore telefilmico Richard Castle ringrazia gli amici del Dodicesimo Distretto (scrivendo, della Detective Beckett, che gli ha insegnato "come trovare un senso nelle canzoni", richiamando il famoso scambio di battute della 3x04), la figlia Alexis, la madre Martha, e poi, per nome, tutti gli attori del cast della serie: "siete l'incarnazione di sogni che si avverano incessantemente e instancabilmente". E qui sembra concretizzarsi il fatto che Andrew Marlowe, creatore nonché produttore della serie, sia uno dei ghost writers (viene ringraziata anche la moglie, Terri Edda Miller, "sempre al mio fianco",  colei che ha "salvato" il romanzo dall'intitolarsi Heat, Heat, Heat), insieme a Tom Straw, "che ha messo di nuovo una mano anche in questo".
Non viene dimenticato Stephen Cannell, scomparso nel 2010, che ha lasciato una sedia vuota al tavolo da poker degli scrittori...

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Trama: Lo strano assassinio di un prete avvenuto in un club sadomaso apre la missione più elettrizzante e rischiosa che sia mai capitata a Nikki Heat, che la vedrà alle prese con il più brutale signore della droga di New York, con un arrogante fornitore della CIA e con uno spietato squadrone della morte intenzionato a farla fuori. Ma tutto ciò è solo la punta di un iceberg che riconduce a un'oscura organizzazione ramificata fino ai piani più alti del dipartimento di polizia e che sembra coinvolgere persino il capitano Montrose - da sempre punto di riferimento della detective - che forse nasconde un segreto inconfessabile. Una volta vicina alla verità, Nikki si scoprirà abbandonata da tutti, sospesa dall'incarico di detective e privata della sua fedele pistola. Senza nessuno di cui potersi fidare, si ritroverà braccata da cinque uomini in passamontagna in un Central Park spettrale e sepolto nella neve. E nell'inverno più freddo che New York abbia registrato negli ultimi cento anni, l'unica certezza che le rimane è il solo uomo nella sua vita che non è un poliziotto: il giornalista Jameson Rook. E assieme a lui che tenterà di venire a capo di questa sporca e intricata faccenda.

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Giudizio personale: 4/5


venerdì 1 marzo 2013

Diario di una signora del blues - Citazioni

" Tutto ciò che desiderava era una figlia perfetta. Tutto ciò che aveva ero io ".

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" A volte piccole verità si nascondono negli angoli bui del nostro cuore che non vengono mai illuminati. Poi qualcuno arriva con una semplice candela e getta un pò di luce in quell'angolo, con qualcosa che dice o che fa, e di colpo sappiamo di non poter più ignorare la verità che si celava nel buio. E anche se soffiamo sulla fiammella della candela, continuiamo a vedere con chiarezza quella verità ".

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" -Allora è questo il paradiso? [...] Significa credere in se stessi? Essere sinceri con se stessi? E' questo il paradiso, mamma?- ".

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" Piange sempre nelle occasioni felici.
Piange anche in quelle tristi, per la verità.
In fatto di lacrime, lei è per le pari opportunità ".

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" Dolcezza, se fossimo in grado di prevedere e di calcolare tutto, la vita perderebbe ogni interesse ".