lunedì 26 dicembre 2011

La peste - Citazioni

" ...un artista ha più diritti di un'altro, tutti lo sanno. Gli si perdonano più cose ".


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" Oggi la verità è un ordine ".


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" ...il vizio più disperato essendo quello dell'ignoranza che crede di saper tutto e che allora si autorizza a uccidere ".


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" ...l'uomo [...] è incapace di soffrire o di essere felice a lungo. Non è quindi capace di nulla che valga ".


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" ...arriva sempre un momento nella storia in cui chi osa dire che due più due fa quattro è punito con la morte ".


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" Vi è sempre qualcuno più prigioniero di me ".


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" ...l'abitudine alla disperazione è peggiore della disperazione stessa ".


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" ...l'amore [...] richiede un pò di futuro, e per noi non c'erano più che attimi ".


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" ...disse [...] che non c'era vergogna nel preferire la felicità ".


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" Chi poteva affermare [...] che l'eternità d'una gioia possa compensare un attimo del dolore umano? ".


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" ...bisogna essere colui che resta ".


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" Cerco di essere un assassino innocente ".


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" ...viene sempre un'ora in cui ci si stanca delle prigioni, del lavoro e del coraggio... ".


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" ...come doveva essere duro vivere soltanto con quello che si sa e che si ricorda, e privi di quello che si spera ".


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" ...ora sapevano che se una cosa si può desiderare sempre e ottenere talvolta, essa è l'affetto umano".


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" ...la testimonianza di quello [...] che [...] avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terrore e la sua instancabile arma, nonostante i loro strazi personali, tutti gli uomini che non potendo essere santi e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano di essere medici ".



Il diario del vampiro - Il risveglio

Autrice: Lisa Jane Smith
Titolo originale: The Vampire Diaries: the awakening
Volume: 1 di 10

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Lisa Jane Smith ha scritto questo romanzo in tempi "non sospetti", cioè molto prima che impazzasse la moda dei vampiri e delle altre creature soprannaturali. La prima edizione de Il risveglio risale infatti al 1991, e pare che dalla serie dei Diari abbia preso spunto la signora Meyer per la sua saga (che non ho mai letto, quindi non posso affermare che ci sia somiglianza).
Ammetto che mi aspettavo di peggio, invece la storia si lascia leggere con facilità. La scrittrice ha saputo rendere abbastanza bene l'ambiente liceale e l'età adolescenziale. I personaggi -per lo più quelli femminili- si trovano in una difficile fase della loro vita, non sanno ancora chi sono e chi saranno, c'è la paura del futuro, l'amicizia, i primi amori. Non mi stupisce che piaccia molto ai teenagers.
Ho trovato un pò assurdo che i due fratelli vampiri, nati nel Rinascimento in Toscana, si chiamino Stefan e Damon. Non credo che un uomo del 1400 avrebbe dato questi nomi ai suoi figli -probabilmente non succederebbe nemmeno al giorno d'oggi-, sarebbe stato più realistico se la scrittrice avesse detto che i "ragazzi" avevano col tempo cambiato i loro nomi, ma tant'è.
In un'altra ottica, si potrebbe anche leggere Stefan come rappresentante del "diverso" in una società omologata (qui la piccola cittadina di Fell's Church), che lo addita e non lo accetta e ne fa il capro espiatorio quando viene a mancare la linearità (come nell'episodio della festa della casa stregata).
Ho anche apprezzato il richiamo alle storie classiche dei vampiri, con il morso che è quasi metafora del sesso  e le caratteristiche delle creature della notte, che si inceneriscono alla luce del sole o possono trasformarsi in animali (come nel caso del corvo).
Rimarrà invece deluso chi spera di ritrovare nel libro una trascrizione del telefilm The Vampire Diaries, molto differente dalla storia originale.

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Retrocopertina: Elena Gilbert è una ragazza d'oro, è bella, è brillante, ha tutto nella vita. Ma le sue giornate non hanno nulla di eccitante. Così, alla ricerca del brivido, intreccia una relazione con il tenebroso Stefan. Ma Stefan nasconde un segreto che potrà sconvolgere per sempre la vita della protagonista... Ha inizio per Elena la più affascinante e pericolosa delle avventure. Una storia d'amore e odio, di luce e ombra, in cui Stefan e Damon, due vampiri fratelli, avversari in una guerra millenaria, si contenderanno il cuore della ragazza e il suo destino.

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Giudizio personale: 4/5

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Volumi successivi:
- La lotta
- La furia
- La messa nera
- Il ritorno

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Nel 2009 ha debuttato negli Stati Uniti la serie The vampire Diaries tratta dalla saga di Lisa Jane Smith.
Benché io non abbia ancora terminato la prima serie, posso già dire che la storia telefilmica si discosta molto da quella contenuta nel libro. Innanzitutto i personaggi sono molto diversi, sia fisicamente che caratterialmente: nel romanzo Elena è la tipica queen bee, bionda, altezzosa, egoista, un pò superficiale, nel telefilm è invece la tipica protagonista buona, brava e senza malizia, inoltre nel libro ha una sorellina di quattro anni, mentre nel telefilm un fratello adolescente; lo Stefan della Smith è un bel ragazzo con i capelli ricci e molto tormentato dal suo passato; Bonnie è una ragazzina con i capelli rossi, e Caroline è in diretta competizione con Elena.
Molto diversa soprattutto la figura di Katherine, una vampira molto fragile e delicata, che, almeno da quanto è narrato in questo primo volume, non potrebbe tornare, come invece sembra che farà il suo corrispettivo televisivo.
The vampire diaries non è tra i miei show preferiti, anche se c'è di peggio. Alcuni episodi sono interessanti e fanno venir voglia di proseguire nella visione, altri risultano noiosi. Ci sono molte ripetizioni, come le innumerevoli feste; spesso la storia è molto lenta, e personalmente trovo il personaggio di Bonnie oltremodo irritante.
Salvo le scene ambientate nel passato: mi piacciono i costumi che vengono utilizzati, e le trovo interessanti.
Peccato che non si segua la storia del libro, o almeno che non se ne traggano più scene: sarebbe stato bello vedere sullo schermo, ad esempio, quella in cui Elena si traveste da dama del Rinascimento per far piacere a Stefan, e invece finisce inconsapevolmente per presentarsi a lui come il ritratto vivente di Katherine.

domenica 25 dicembre 2011

Per orgoglio o per amore

Autrice: Pamela Aidan
Titolo originale: An assembly such as this
Volume: 1 di 3

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Dopo le delusioni di Orgoglio e preveggenza e Sospetto e sentimento, ho impiegato un pò prima di leggere di nuovo un derivato dei romanzi di Jane Austen. Ma per fortuna questa volta mi è andata piuttosto bene.
Per orgoglio o per amore è la storia di Orgoglio e pregiudizio raccontata dal punto di vista del protagonista maschile, Fitzwilliam Darcy.
Lo stile non è certo quello della Austen, almeno nella traduzione italiana, ma ciò non è per niente una pecca: il romanzo è comunque scorrevole e godibile.
Naturalmente ritroviamo molti degli episodi del romanzo originale, e questo di sicuro fa piacere agli amanti di Orgoglio e pregiudizio. Inoltre è interessante conoscere più da vicino Mr Darcy, sapere quali sono i suoi pensieri e i suoi tormenti, cosa accade "dietro le quinte" del romanzo originale.
Benché sia piacevole seguirlo a Londra, vederlo "gareggiare" suo malgrado con il Beau, o acquistare amorevolmente dei regali per la sorella Georgiana, il lettore è in trepidante attesa delle scene in cui finalmente Elizabeth e Darcy si incontrano ed interagiscono, anche se sa già cosa si diranno e cosa succederà.
Adorabile Darcy con il segnalibro "rubato" a Lizzy, e che fa un pò da "surrogato" della fanciulla nelle scene in cui questa non può essere presente.
Piacevolissimi anche i titoli dei capitoli, molto "Regency" secondo me: A un ricevimento di questa sorta, Intermezzo, Finta e parata, Il suo peggior nemico, Al di là del pensabile, Mali di questa fatta, ecc.
I personaggi nuovi sono piuttosto pochi ed indispensabili, e mi fa piacere che non abbiano stravolto la storia originale; ho qualche riserva solo riguardo Fletcher, il valletto di Darcy, che non riusciva a non farmi pensare ad un personaggio della Disney.
Per orgoglio o per amore è seguito da altri due volumi che completano la storia, e questo può essere piuttosto seccante, visto che sembra più una mossa commerciale che un'esigenza dovuta alla lunghezza dell'opera (questo primo volume occupa solo 256 pagine scritte in caratteri abbastanza grandi).
Termino con una mia personalissima osservazione riguardo il nome della signora Bennet: la scrittrice sceglie Fanny, ma al tempo in cui è ambientato Orgoglio e pregiudizio, si usava dare alla prima figlia femmina il nome della madre, e, visto che la prima Bennet si chiama Jane, mi sarei aspettata lo stesso per Mrs Bennet.

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Retrocopertina: Fitzwilliam Darcy ed Elizabeth Bennet: una delle storie d'amore più romantiche di tutti i tempi, finalmente raccontata da punto di vista di lui.


"La commovente supplica dell'aria e la tenera espressione che ornava i lineamenti di Elizabeth durante il canto diedero vita a una risonanza, in profondità inesplorate dentro di lui, che si diffuse rapidamente in tutto il suo essere. Darcy si protese in avanti, non volendo perdere la minima sfumatura, aggrappandosi con fermezza ai braccioli della poltrona. Dovette farlo per restare seduto, così forte era l'impulso ad avvicinarsi. Immaginò di chinarsi su di lei, di sfiorarla per voltare le pagine dello spartito...".

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Giudizio personale: 4/5

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Parlerò dei film e della serie tratti da Orgoglio e pregiudizio in un prossimo post dedicato al libro, tuttavia le trasposizioni cinematografiche e televisive colpiscono la nostra fantasia, e ci impediscono di immaginare i personaggi di un libro senza associarli agli attori che hanno dato loro i volti.
Nel leggere Per orgoglio o per amore, Darcy per me non ha potuto non avere l'aspetto di Colin Firth, protagonista maschile nella serie del 1995:

Elizabeth l'ho immaginata il 50% delle volte con il volto di Jennifer Ehle, dalla serie del '95:

l'altro 50% con quello di Keira Knightley, dal film del 2005:

Riguardo Miss Bingley, benché io preferisca di gran lunga Kelly Reilly (2005),

l'ho immaginata con le sembianze di Anna Chancellor (1995):

Mr Bingley ha avuto invece il volto di Simon Woods (2005), un tantino meno svagato, forse:



domenica 11 dicembre 2011

L'ombra del vento - Citazioni

" Le parole che hanno avvelenato il cuore di un figlio, pronunciate per meschinità o per ignoranza, si sedimentano nella memoria e lasciano un marchio indelebile ".

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" ...esistiamo fintanto che siamo ricordati ".

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" Sono poche le ragioni per dire la verità, mentre quelle per mentire sono infinite ".

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" I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro ".

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" Si stavano domandando se il loro destino era stato deciso dalle carte toccate loro in sorte o dal modo in cui le avevano giocate ".

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" Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall'indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato ".

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" Gli esseri umani sono disposti a credere a qualunque cosa tranne che alla verità ".


sabato 10 dicembre 2011

Il mandolino del Capitano Corelli

Autore: Louis De Bernieres
Titolo originale: Captain Corelli's mandolin

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Il mandolino del Capitano Corelli è una storia bellissima, e l'ho considerato uno dei migliori libri che avessi mai letto... fino a un certo punto.
Ma andiamo con ordine.
Siamo a Cefalonia, un'isola greca in cui la vita scorre semplice; c'è un uomo non laureato, il dottor Iannis, che fa da medico a tutti; c'è sua figlia, Pelagia, bella e troppo intelligente; c'è una galleria di personaggi indimenticabili, come Stamatis, che ha vissuto per tutta la vita sordo a causa di un pisello nell'orecchio, e che, una volta liberatosene, chiede al medico di rimetterlo al suo posto, perchè sente troppo la moglie che lo tormenta; ci sono, infine -e purtroppo- due uomini folli di nome Adolf Hitler e Benito Mussolini, artefici di una guerra orribile e sanguinosa, la cui pazzia sta per fagocitare anche Cefalonia e i suoi abitanti.
E' così che sull'isola sbarca l'esercito italiano e il Capitano Corelli, innamorato della musica e del suo mandolino, ed ha inizio una storia d'amore e di guerra appassionante ed a tratti commovente.

Il dottor Iannis tenta di scrivere una "Storia di Cefalonia", ed i brani del suo libro incompiuto sono davvero molto belli, intensi ed ironici, e fanno venir voglia di conoscere meglio la storia dell'isola.
Il secondo capitolo, intitolato "Il Duce", è un ritratto di Mussolini che da solo varrebbe la lettura del libro, e che avrei volentieri trascritto, se solo fosse stato più breve. In esso l'autore riesce a mettere in risalto l'egocentrismo dell'uomo, la sua superficialità, le sue menzogne e le contraddizioni delle sue affermazioni. Al duce si riferisce anche il capitolo 35, "Un opuscolo distribuito sull'isola e intitolato con il motto fascista ^Credere, obbedire, combattere!^ ", un pamphlet contenente un'ironica storia di Mussolini. In esso vediamo come la presunzione e l'egocentrismo di un ometto, costi la vita a migliaia di persone, sofferenze a nazioni intere, e come la pace venga barattata per una guerra inutile e ingiusta. C'è da dire che, purtroppo, l'opuscolo risulta, a tratti, ancora molto attuale.
Altri capitoli meravigliosi sono quelli che hanno per titolo "L'omosessuale"; soprattutto la prima lettera è molto toccante e commovente, così come si rivelerà la storia e la fine dell'uomo che l'ha scritta, che incontreremo nel corso della storia e a cui avremo occasione di affezionarci.
La storia ci avvicina naturalmente anche al mondo di Cefalonia, non solo descrivendoci le sue bellezze naturali, ma anche il modo di vivere dei suoi abitanti. Vediamo così che un uomo forzuto, Velisarios, ed un vecchio cannone, possono rivelarsi un'attrazione imperdibile, e che la festa del Santo -molto ben descritta- unisce credenti e non, e regala al paese miracolose guarigioni.
Ma non ci sono solo bellezze e folklore: come in molte altre parti del mondo, la condizione delle donne a Cefalonia non è delle migliori. Esse sono destinate ai lavori di casa, a viziare gli uomini, a discutere di cose importanti solo con le altre donne e in assenza degli uomini e, cosa peggiore, da vedove vengono mal viste dalla comunità, come se non avessero il diritto di sopravvivere al marito, e la loro unica assicurazione contro una vecchiaia indigente e spaventosa, consiste nell'avere figli maschi.

Il mandolino è tuttavia, oltre che una storia d'amore, una storia di guerra, irrazionale e crudele.
Credo che il lettore italiano sia molto impressionato dalle descrizioni dell'autore sulle condizioni dell'esercito italiano, mandato a combattere senza adeguati equipaggiamenti (nel capitolo 17 leggiamo: " Siamo ridotti a mille unità con quindici mitragliatrici e cinque mortai")e spesso soggetto a ordini assurdi. La disorganizzazione è imperante, e fa male leggere dei tanti tradimenti perpetrati a danno dei soldati dell'Italia, anche da chi avrebbe dovuto occuparsi del loro destino e li ha invece mandati a morire per inettitudine o a scopi strategici.
Vi sono, nell'esercito, molti uomini giusti che non sono d'accordo con la guerra ("Non detestiamo i greci, li combattiamo per ragioni oscure e senza onore"), e una volta che non bisogna più combattere per Benito Mussolini, tanti sono gli atti di eroismo.
Una volta andati via gli italiani, "cala" su Cefalonia l'esercito tedesco, e gli orrori non si contano. Orrori che vengono poi ripresi dagli andartes, greci che compiono azioni atroci e illegali ai danni dei loro stessi compatrioti, ed è triste vedere come ciò cambi il dottor Iannis, che non aveva mai perduto la bonomia e l'ironia ("In passato avevamo i barbari da accusare, adesso abbiamo solamente noi stessi").
Molte altre sarebbero le cose da dire su questo libro, accenno qui solo alla toccante scena della madre che rinnega il figlio nel capitolo 63, alla breve e tenera descrizione che fa Pelagia della sua infanzia col padre, e alla simpatia un pò folle di Corelli, che ad un tedesco che con la mano tesa che lo saluta dicendo: "Heil, Hitler", risponde: "Heil, Puccini".

Quindi cos'è che non mi è piaciuto di questo pur meraviglioso libro? Il finale.
E' vero, ho scritto molte volte che un lieto fine spesso non avrebbe lo stesso effetto di un finale che lieto non è. Ma ne Il mandolino non c'è la morte di uno dei protagonisti, o la scelta dilaniante di uno di loro. C'è solo lo spreco di tempo prezioso, la vita "non vissuta" di Pelagia. E questo è molto triste. Perchè se nella vita reale accadono cose di questo genere, uno scrittore, che ha il destino dei suoi personaggi nella penna -o nella tastiera-, dovrebbe, almeno quando possibile, cercare di renderli felici.

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Quarta di copertina: Nel 1940, durante l'invasione nazista della Grecia, Antonio Corelli, stravagante capitano alla testa di un battaglione dell'esercito italiano, è di stanza a Cefalonia, un'isola lontana anni luce dalla follia che sta travolgendo l'Europa. Più devoto alla musica e alle partite di calcio che alla guerra, vive a casa del colto e spiritoso dottor Iannis. Tra Pelagia, l'affascinante e orgogliosa figlia del medico, e il capitano nasce una passione intensa e discreta, che né il precipitare degli eventi bellici né il terremoto che sconvolge l'isola poco dopo la fine del conflitto potranno spezzare. Sullo sfondo di una delle pagine più dolorose del nostro passato, sospesa tra la tragedia e la commedia, venata di lirismo e humor, l'indimenticabile storia d'amore e di guerra ha ispirato l'omonimo film con Nicolas Cage e Penelope Cruz.

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Giudizio personale: 4/5

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Qui le citazioni dal testo


sabato 19 novembre 2011

Morte a credito - Citazioni

" In me è la stanchezza ".


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" Nell'ombra s'alzano i rantoli dell'immensa agonia di un esercito... ".


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" Tutti i regni finiscono in un sogno! ".


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" I vecchi ricordi sono tenaci... ma anche fragili, pronti a infrangersi... ".


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" A me non restava che aspettare, guardando fuori... il più lontano possibile... ".


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" Il babbo [...]. Mi sarebbe piaciuto molto che mi parlasse... ".


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" Già occupavamo così poco posto al mondo, eppure avremmo voluto farci ancor più piccoli... ".


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" Chi ha in sé la passione non fa calcoli ".


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" ...fa un certo effetto quando, per tirare un pò di fiato, non ci restan più che postacci uno più orribile dell'altro ".


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" Perfino i suoi capelli, quando passava davanti al caminetto, diventavan puri giochi di luce ".


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" La sua voce era come tutto il resto, un sortilegio di dolcezza... ".


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" ...quando t'accorgi per la prima volta... come la gente la si perda per via... compagni che non rivedremo più... mai più... che sono scomparsi come tanti sogni... che tutto è finito... svanito... che anche noi ci perderemo così... un giorno ancor molto lontano... ma ineluttabilmente... nello spietato torrente delle cose, delle persone... dei giorni... delle forme che passano... che non si fermano mai... ".



domenica 13 novembre 2011

Harry Potter e la pietra filosofale

Autrice: J.K. Rowling
Titolo originale: Harry Potter and the philosopher's stone
Volume: 1 di 7

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Anni fa avevo letto un estratto di Harry Potter e la pietra filosofale, non mi era piaciuto ed avevo rifiutato di leggerlo nonostante numerosi commenti entusiastici.
Ora mi ci sono avvicinata quasi per scommessa, e devo ammettere di essere rimasta piacevolmente meravigliata.

Innanzitutto la scrittura non è così semplice come mi sarei aspettata, benché si tratti palesemente di un libro scritto soprattutto per bambini e ragazzi.
Il piccolo Harry risulta subito simpatico, anche se la scrittrice ce lo presenta come un novello "Cenerentolo" o un bimbo dickensiano, il che di solito mi fa odiare il personaggio in questione. Forse è un po' troppo esagerato in senso negativo il modo con cui i Dursley trattano il bambino, ad esempio facendolo dormire in uno sgabuzzino. Mi è venuto da pensare che sarebbe stato interessante leggere di un Harry cresciuto in una famiglia amorevole ma che gli ha mentito sulle sue vere origini, ed assistere ai conflitti nati nel ragazzo dall'amare queste persone ma provare del rancore verso di loro, dal voler andare nella scuola di magia di Hogwarts ma contemporaneamente non voler lasciare la casa in cui è cresciuto.
E' interessante comunque che gli zii incarnino la paura del diverso, mentre Harry la condizione di chi non appartiene -e sente di non appartenere- al posto in cui si trova.

Il primo elemento buffo della storia è il gatto -che poi scopriremo essere la professoressa  McGranitt, e che per me non ha potuto non avere il volto della bravissima Maggie Smith-.
Ma simpatico è anche il personaggio del professor Silente, dolce, paterno e potente, una persona con la quale ci si sentirebbe protetti e al sicuro, per di più protagonista di varie situazioni che suscitano il sorriso -quali la storia del ghiacciolo, dei paraorecchi, della cicatrice che ricalca i percorsi della metro, della cuffia a fiori, dei calzini e le "tre" parole al discorso-.
Divertente risulta anche il personaggio di Hagrid, soprattutto quando sferruzza; la questione della bacchetta e dell'ombrello risulta però un po' prevedibile.

Proseguendo nella lettura, nel capitolo 4 troviamo un Harry che fa tenerezza: quando Hagrid si arrabbia con i Dursley perché hanno tenuto il piccolo all'oscuro della verità riguardo i genitori, ed urla che allora il ragazzo non sa niente di NIENTE, leggiamo: " Questo, a Harry, sembrava un po' troppo. Dopo tutto, era andato a scuola e i suoi voti non erano poi tanto male".

Ho trovato molto accurato l'elenco delle cose da portare ad Hogwarts, ed i nomi degli autori dei libri di testo risultano molto buffi, il che denota un'ottima traduzione -due esempi per tutti: Phyllida Spore per Mille erbe e funghi magici e Arsenius Brodus per Infusi e pozioni magiche-.
La lista appartiene al capitolo 5, dedicato a Diagon Alley, il "quartiere degli acquisti" dei maghi, che ho trovato estremamente affascinante e curato nelle descrizioni.

Riguardo ai personaggi dei Weasley, mi è piaciuto molto il loro ingresso nella storia, ed alla stazione l'autrice è stata molto brava a farci arrivare i loro sentimenti reciproci e le simpatiche dinamiche familiari attraverso lo scambio di battute tra madre e figli.
Interessante come, una volta sul treno diretto alla scuola di magia, il concetto di normalità risulti capovolto: Ron dice, infatti, che pensa che la mamma abbia un cugino di secondo grado che fa il ragioniere -e quindi non è un mago- ma che in famiglia non ne parlano mai.
Restando in tema di famiglie, mi è piaciuta anche quella di Neville, nel capitolo 7; i metodi utilizzati dal prozio del ragazzo al fine di saggiarne le capacità nel campo della magia sono tragicamente divertenti.

La seconda parte del libro, a partire cioè dal capitolo 9, "Il duello di mezzanotte", è purtroppo più lenta e noiosa; non mi è piaciuto l'episodio del mostro nel bagno nel capitolo "Halloween", anche se vi troviamo una nota simpatica nel professor Raptor, che si siede sulla tazza del water a causa della paura suscitata dal mostro.

Naturalmente in una storia del genere la magia la fa da padrona, ed ho trovato molto affascinante il fuoco che si può conservare nel barattolo della marmellata, e divertente l'incantesimo dei gemelli Weasley sulle palle di neve, che si mettono ad inseguire Raptor ovunque vada.

Anche se può apparire poco originale, mi piace il principio secondo il quale chi ha ceduto l'anima a Voldemort non può toccare Harry, in quanto questo è stato così amato dalla madre, che la donna non ha esitato a morire per salvarlo, e tanto amore è un tormento per chi è carico solo di odio, brama e ambizione.
A questo proposito il professor Silente afferma che "Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c'è più".
E' molto bello anche che Neville Paciock sia premiato per il coraggio che ha avuto di affrontare i propri amici, perchè "affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici".

Purtroppo avevo già visto il film, quindi mi sono rovinata la sorpresa finale, ma credo che l'identità della persona che vuole appropriarsi della pietra filosofale sia un buon colpo di scena.

Una curiosità: nel primo capitolo, a proposito di Harry Potter, leggiamo: "Su di lui scriveranno volumi, tutti i bambini del mondo conosceranno il suo nome!", quasi l'autrice, in un impeto di preveggenza, abbia voluto svelare ai lettori e a se stessa il destino del suo piccolo, grande eroe.

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Quarta di copertina: "Ma è contro le nostre leggi" disse Ron. "L'allevamento dei draghi è stato dichiarato fuori legge dalla convenzione degli Stregoni nel 1709, questo lo sanno tutti. E' difficile non farsi notare dai Babbani se alleviamo un drago in giardino, e comunque non si possono addomesticare: troppo pericoloso. Dovreste vedere le bruciature che si è beccato Charlie in Romania coi draghi selvatici".

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Giudizio personale: 4/5

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Nel 2001 Harry Potter e la pietra filosofale è diventato un film diretto da Chris Columbus, con protagonista l'allora dodicenne Daniel Radcliffe. Grazie alla collaborazione dell'autrice del romanzo, J.K. Rowling, la pellicola è molto aderente alla storia originale.


I tre bambini protagonisti sono molto bravi; in particolare ho apprezzato le espressioni buffe o eloquenti di Rupert Grint nel ruolo di Ron, e il talento di Emma Watson nei panni di Hermione.
Da segnalare una sempre bravissima Maggie Smith nel ruolo della professoressa McGrannitt.


Il film è molto piacevole, soprattutto nella sua prima parte, con l'introduzione dei vari luoghi magici caratteristici dell'universo potteriano, quali la scuola di Hogwarts, Diagon Alley o la Gringott: credo che il regista Columbus sia riuscito nel suo intento di creare un mondo magico " intriso di colori, buon umore e dettagli ".


sabato 5 novembre 2011

La valle delle rose

Autore: Lucien Bodard
Titolo originale: La valleé des roses

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Yi è una giovane ragazza cinese il cui mito è l'imperatrice Wu-cei, vissuta secoli prima e macchiatasi di innumerevoli atrocità.
Quando l'Imperatrice madre indice un "concorso" al fine di scegliere una moglie e trenta concubine per il figlio Imperatore, Hieng-Fong, Yi è sicura che il suo destino sarà quello di signora e padrona della vita di milioni di cinesi, anche se questo significherà abbandonare per sempre l'uomo che la ama e che avrebbe dovuto sposarla.
"La valle delle rose" del titolo è la parte del suo corpo con cui Yi è convinta di poter scalzare l'Imperatrice consorte e dare un nuovo Figlio del Cielo alla Cina, divenendo in tal modo la nuova Imperatrice madre.
Ma la ragazza non sa che Hieng-Fong è un pederasta che detesta le donne e passa tutte le sue giornate in compagnia dei favoriti, che lo ubriacano di piacere e di alcol al fine di accorciargli la vita e prendere il suo posto.
L'obiettivo di Yi sembra diventare così quasi impossibile, ma la scaltra concubina non ha intenzione di darsi per vinta, ed è pronta a servirsi di qualsiasi astuzia e a subire ogni umiliazione pur di regnare sulla Cina...

La valle delle rose ci apre le porte della Città Proibita, e ci mostra la Cina del XIX secolo con i suoi valori, le atrocità, gli usi e i costumi.
La storia è molto romanzata e interessante, ma subisce due brusche battute d'arresto durante i mesi che Yi passa chiusa nel padiglione in attesa che l'Imperatore la faccia chiamare, e nella seconda parte, in cui i personaggi che hanno animato la prima sembrano sparire, per far posto agli eserciti francese ed inglese che invadono la Cina.
E' questa una parte magnificamente scritta, con un'ironia che accompagna ogni espressione e regge fino alla fine; è interessante che le descrizioni architettoniche, soprattutto quelle riguardanti il Palazzo d'estate, siano qui molto più numerose che nella prima parte, e che paradossalmente trovino la loro ragione d'esistere nella distruzione di ciò che descrivono. Impressionanti le atrocità commesse dagli europei, che però impallidiscono di fronte a quelle dei cinesi, in una sorta di "gara" di malvagità che mette davvero i brividi.
Si rivela questa, tuttavia, una parte troppo lunga, che induce il lettore a chiedersi che fine abbiano fatto Yi e Hieng-Fong, e gli fa tirare un sospiro di sollievo quando la storia torna a focalizzarsi su di loro.
I personaggi sono tutti molto ben costruiti, Yi è bellissima, furba e malvagia; Hieng-Fong uno scherzo della natura che soffoca la propria infelicità nell'ubriachezza, nei piaceri e nelle condanne a morte; Ngan Te-Hai un eunuco che rimpiange la propria virilità e che soffre nel poter amare solo a metà.
E' proprio lui il personaggio più umano del libro, l'unico che mostra di avere dei sentimenti e che agisce per amore, ed è probabilmente solo per lui, che speriamo che, alla fine, la sua gelida ed amata Yi riesca ad uscire indenne dai pericolosi e mortali giochi di potere...

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Giudizio personale: 3/5

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Approfondimenti - L'Imperatrice Tseu-Hi

Il personaggio di Yi, realmente esistito, divenne Imperatrice con il nome di Tseu-Hi, che può avere varie traslitterazioni, come Tzu Hsi, Tz'u-hi e Cixi.
In questo approfondimento manterrò il nome di Tseu-Hi.


Tseu-Hi nacque a Pechino nel 1835 e morì nella Città Proibita nel 1908.
Figlia di un porta insegne imperiale del clan Manciù, alla morte dei genitori la sua educazione fu affidata ad uno zio.
All'età di 15 anni fece parte di un gruppo di donne tra le quali sarebbero state scelte le concubine per l'imperatore cinese Xiangfeng.
Tseu-Hi fu scelta come concubina di rango basso.
Un giorno il suo eunuco personale violò le regole della Città Proibita, e le rivelò che avrebbe potuto fare in modo che l'Imperatore la scegliesse per passare la notte con lei. Tseu-Hi usò così tutta la sua astuzia per entrare nelle grazie del capo eunuco della Città Imperiale, il quale elogiò la bellezza della concubina con l'Imperatore.
Nel 1852 questi la prese come amante, e la tenne presso di sè per tre mesi.
Il 27 aprile 1856, Tseu-Hi diede alla luce un figlio di nome Zaichun, che divenne erede al trono. La concubina divenne così la donna più importante dell'Impero dopo l'Imperatrice consorte. A quest'ultima e agli eunuchi di corte fu affidata l'educazione del bambino, mentre Tseu-Hi divenne consigliere  dell'Imperatore.
Alla morte di questi, la donna divenne Imperatrice vedova insieme all'Imperatrice consorte, e il piccolo Zaichun, di sei anni, fu incoronato Imperatore col nome di Tongzhi.
Nel 1881 l'Imperatrice consorte morì, e Tseu-Hi restò la sola detentrice del potere. Il suo fu chiamato dai contemporanei "regno dietro la tenda", perchè la donna fece installare dietro il trono del Figlio del Cielo -ossia l'Imperatore-, una tenda che le permetteva di vedere senza essere vista, nascondendola, così, mentre dettava il proprio volere all'Imperatore.
Questi lasciava spesso la Città Proibita per andare a divertirsi con le prostitute e fumare oppio; la vita dissoluta e gli eccessi lo portarono alla morte a soli 19 anni, nel 1874. Sua moglie era però incinta, e se avesse messo al mondo un maschio, sarebbe divenuta Imperatrice reggente, scalzando Tseu-Hi.
Questa, allora, con un vero e proprio colpo di stato, fece proclamare imperatore il figlio di sua sorella, Zaitian, di tre anni, che, come il suo predecessore, fu un burattino tra le mani di Tseu-Hi, la quale non riuscì ad accorgersi che la Cina imperiale stava declinando.
Di fronte al desiderio di indipendenza e cambiamenti del nipote ormai cresciuto, Tseu-Hi lo dichiarò incapace di governare, e lo confinò nel suo palazzo, assumendo la reggenza dell'Impero.
Il figlio del suo stretto consigliere fu designato erede al trono.
Per contrastare l'influenza delle potenze straniere, l'Imperatrice appoggiò la rivolta dei Boxer del 1900, ma fu poi costretta a fuggire e, per placare le potenze straniere, ordinò alle truppe imperiali di partecipare alla repressione del movimento.
Zaitian morì nel 1908, probabilmente avvelenato per ordine di Tseu-Hi con uno yogurt all'arsenico.
Il giorno successivo la donna dichiarò nuovo Imperatore il figlio del principe Chun, Puyi -che sarebbe poi stato l'ultimo Figlio del Cielo-.
Il giorno seguente la stessa Tseu-Hi morì.

Fonte:http://fr.wikipedia.org/wiki/Cixi



sabato 29 ottobre 2011

Il conformista - Citazioni

" ...se la montagna venisse rimossa, il sole farebbe sorridere le acque; ma la montagna è sempre là e il lago è triste ".


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" Tutti, pensò, dovevano recitare la loro parte e soltanto in questo modo il mondo poteva durare ".


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" La malinconia, egli l'aveva addosso, come una seconda pelle, più sensibile di quella vera... ".


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" ...io sono come quel fuoco, laggiù nella notte... divamperò e mi spegnerò senza ragione, senza seguito... ".


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" ...ed egli, in un solo sguardo, ebbe il senso della sua bellezza come di qualche cosa che gli era destinata da sempre... ".


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" Il desiderio non era in realtà che l'aiuto decisivo e potente della natura a qualcosa che esisteva prima di essa e senza di essa ".


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" Quando si dice fatalità si dicono appunto tutte queste cose, l'amore e il resto... ".


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" Si sentiva stanco e stranamente trasognato, come se in mezzo a quella folla e a quel tumulto, egli si fosse portato dietro una sfera di solitudine trasparente e invisibile ma infrangibile, dalla quale non gli era possibile uscire ".



Foto di famiglia

Autrice: Sue Miller
Titolo originale: Family pictures

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Foto di famiglia è un libro doloroso per il suo realismo.
Siamo in America, anni '50-'60, gli Eberhardt sono in otto: padre psichiatra, madre casalinga e "ben" sei figli, di cui il terzo, Randall, affetto da autismo.
La storia è raccontata da Nina, la quarta figlia, una volta divenuta adulta, attraverso numerosi flash-back e riflessioni.
Uno dei personaggi che ci viene presentato per primo è il padre, per il quale ho provato subito poca simpatia, soprattutto a causa del modo crudele con il quale prende in giro le tre figlie più piccole, ridendo della loro perplessità e della loro ingenuità quando, bambine, non capiscono che lui continua a ripetere loro che sono state figlie non volute, incidenti, degli extra, con la vigliaccheria tipica di certi adulti che parlano ai più piccoli con parole ed espressioni che questi di sicuro non capiranno.
Gli altri componenti del nucleo familiare sono la madre, Lainey, che dedica la sua vita al figlio meno fortunato, cadendo in quella degli altri cinque come un fulmine di improvvisa gioia o rabbia; Mack, il primo maschio, adolescente difficile, forse il più colpito dalla tragedia del fratellino e dai cambiamenti che questa ha portato nella sua casa e nella sua vita; Liddie, la sorella maggiore, quasi sempre via; e poi Nina, Mary e Sara, le più piccole, le "anfore della salute", "l'ultima goccia".
L'atmosfera nella casa degli Eberhardt è soffocante così come la vita di famiglia, e i personaggi sono tutti distanti gli uni dagli altri.
Benchè nessun capitolo sia esplicitamente dedicato a Randall, la sua presenza è palpabile in ogni rigo, e la sua malattia condiziona la vita di tutti gli altri personaggi ed i loro rapporti reciproci.
Anche se scritto benissimo, ammetto che non vedevo l'ora di terminare Foto di famiglia, e non per la curiosità di sapere come sarebbe finito, ma per riporlo finalmente in libreria e dirgli addio.
Ciò perchè il ibro è pervaso da un senso di infelicità, ogni personaggio è intrappolato, la famiglia è un luogo claustrofobico in cui nessuno è felice.
Probabilmente voluto, la storia acquista un pò di respiro dopo la morte di Randall, ma allora finalmente gli altri figli si sentono in diritto "di impazzire", come dice Nina, e vediamo ancora più chiaramente quanto le loro vite siano state toccate, oltre che dal fratellino e dalla sua malattia, soprattutto dalle scelte sbagliate dei genitori, in disaccordo fin da subito sulla gestione della cosa e divenuti a poco a poco pianeti distanti e differenti, colmi di rancore e sensi di colpa.

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Retrocopertina: In una grande casa del Midwest americano vivono gli Eberhardt: un padre psichiatra, una mamma a tempo pieno e sei figli di cui uno speciale, enigmatico. Per i medici autistico. Il romanzo racconta i momenti di felicità, le crisi matrimoniali, i drammi, la complessità del rapporto con il figlio più difficile, e ci lascia negli occhi tante istantanee di vita domestica. Sue Miller entra nelle pieghe dei sentimenti e dei legami familiari, ce ne mostra non solo gioie ma anche le sottili violenze. Intorno ai suoi personaggi così veri, si intreccia una storia che offre uno spaccato della nostra società e fa risuonare la musica del quotidiano.

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Giudizio personale: 3/5

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Qui le citazioni dal romanzo


domenica 9 ottobre 2011

Merlino l'incantatore - Vol.1


Curatrici: Letizia Magini e Gabriella Agrati
Volume: 1 di 2

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Merlino l'incantatore è il primo di due volumi dedicati al mago più famoso della letteratura e curati da Letizia Magini e Gabriella Agrati.

Le scrittrici hanno raccolto in questo libro le varie versioni della storia di Merlino, pur con alcuni tagli senza i quali l'opera sarebbe risultata probabilmente appesantita.
Troviamo qui il Merlino dalla prosa di Robert de Boron e la continuazione del Merlino secondo il Ciclo Vulgato, più i testi complementari: Possibile fine del Merlin di Robert de Boron secondo il manoscritto di Modena; Merlino e il Graal secondo il Didot Perceval; Merlino e Viviana secondo la Suite du Merlin; Il Grido di Merlino secondo il Baladro del sabio Merlin con sus profecias e infine Merlino e Viviana secondo il Lancelot del Ciclo Vulgato.

Il personaggio che emerge da queste pagine è senza età, uomo, bambino, vecchio a seconda dei casi, nato da una donna e da un demone incubo. La straordinaria paternità gli ha donato il potere di conoscere il passato, ma la vita virtuosa della madre dopo la sua nascita, fa sì che Dio gli conceda anche il potere di conoscere il futuro.
Così, da strumento del demonio, Merlino diviene strumento del Signore, e si pone al servizio del suo paese.
Non è un personaggio simpatico o amabile, Merlino; spesso risulta irritante, presuntuoso, e tutti i suoi meriti sono dovuti solo ed esclusivamente ai doni succitati.
La storia non risulta molto avvincente, anche se le scene di battaglia sono davvero molto belle.

Essendo un'opera essenzialmente medievale, il Merlino dà poca o nulla importanza alle donne, che sono mero strumento per il concepimento di eroi (e molto spesso ingannate perché ciò avvenga), o, al contrario, esseri malvagi ed egoisti.
A quest'ultima categoria appartiene Viviana, la donna amata da Merlino, il quale forse solo con lei ci mostra il suo volto umano: pur sapendo, infatti, che questo amore e la vicinanza della donna lo porteranno alla morte, il mago non riesce a separarsene, e corre incontro al suo destino.
E l'episodio del Grido gli regala un po' di quella simpatia del lettore che gli è stata negata nel corso del volume.

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Quarta di copertina: La prima immagine che una figura leggendaria come Merlino evoca in noi è quella del vecchio mago saggio e stravagante, consigliere di Artù e artefice delle fortune del suo regno sullo sfondo delle avventure dei cavalieri della Tavola Rotonda e della ricerca del Graal. Ma questo è solo il punto di arrivo di una leggenda che, prendendo le mosse dai più remoti miti dei popoli celtici, nella sua lunghissima evoluzione ha rappresentato gli infiniti volti del grande Incantatore di Britannia: figura storica e personaggio archetipico, personificazione del mito dell'uomo selvaggio, saggio e folle, ultimo dei druidi, profeta di Dio e beffarda incarnazione del male. Ciascuno degli autori che ha narrato le gesta di Merlino a partire dal Medioevo ha aggiunto una tessera al cangiante mosaico che forma il suo ritratto. E tuttavia, con le sue continue metamorfosi, questo straordinario personaggio non ha ancora rivelato il suo mistero: padrone dello spazio, vecchio e bambino, fanciullo dai capelli bianchi, Merlino continua così a giocare col tempo e a percorrere i cicli della vita, da quella passata, di cui conserva il ricordo, a quella a venire, che domina con le sue profezie. Un saggio che si legge come un romanzo, un'opera avvincente in grado di rinnovare la leggenda di Merlino attraverso la lettura di testi antichi in gran parte inediti e delle rielaborazioni che ne sono state tratte nel corso dei secoli.

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Giudizio personale: 3/5

sabato 17 settembre 2011

Grandi speranze

Autore: Charles Dickens
Titolo originale: Great expectations

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Non so perchè, a parte Canto di Natale, avessi sempre messo da parte Dickens.
Forse a causa di giudizi come quello di Carlo Fruttero -di cui comunque comprendo il senso-, autore della nota introduttiva dell'edizione Einaudi, che prima di affermare che Dickens è un grande scrittore, dice che "la sua opera ricorda uno di quegli incredibili monumenti vittoriani [...] solo che oggi il passante sa che si tratta di mostruosità, di relitti irrecuperabili...".
E dopo questa premessa sono stata ancora più piacevolmente colpita dal romanzo.
Ciò che inizialmente mi è piaciuto molto, è stato il modo di raccontare l'infanzia di Pip -il protagonista-. L'autore, infatti, è riuscito a calarsi nei panni di un bambino, a vedere il mondo con i suoi occhi, e a giudicare gli adulti guardandoli forzatamente "dal basso in alto", come succede appunto ai bambini.
E questo non è un dono che possiedono tutti gli scrittori, i quali a volte fanno esprimere i piccoli personaggi come persone adulte, o sono completamente avulsi dal mondo dell'infanzia.
Riguardo la storia, potremmo dire che Grandi speranze è il racconto della crescita, sociale e sentimentale, di Pip.
Una crescita che sarebbe stata lineare e tranquilla, se non si fossero intromesse, nella vita e nella mente del ragazzino, proprio le "grandi speranze" del titolo.
Grazie ad un benefattore sconosciuto, il piccolo Pip comincia a coltivare l'illusione di poter uscire dal suo villaggio, di avere una vita diversa da quella che aveva immaginato, e, ammettiamolo, di diventare migliore di tutte le persone che lo circondano, comprese quelle che ama di più.
E' così che il ragazzo si trasferisce a Londra -per altro in un quartiere non certo signorile-, dove però, in realtà, non fa nulla per costruirsi un futuro. Aiuta il suo amico col quale divide il piccolo appartamento a crearsi una professione, ma per sé non fa nulla.
Sono solo le grandi speranze a farlo andare avanti, l'assegno che riceve periodicamente, questo sogno che lo ha imprigionato e, secondo il mio parere, rovinato.

Pip non è un protagonista che si fa amare. Da bambino forse ha qualche possibilità, ma credo che nessuno possa in seguito perdonargli lo snobismo che gli deriva da qualcosa che gli è stato concesso gratuitamente -e, scopriremo in seguito, per gratitudine- ed il modo in cui tratta l'uomo che lo ha amorevolmente cresciuto, Joe. Pip infatti si sente davvero superiore a chiunque abbia popolato il suo passato, eppure non lo è abbastanza per il grande dolore della sua vita: Estella, di cui è innamorato da ragazzino.
E il lettore non può amare nemmeno lei, che ci viene presentata come una piccola dal cuore di pietra, educata per far soffrire gli uomini, e solo nell'ultimo capitolo del romanzo possiamo forse averne compassione, quando la vita vera l'ha "piegata e spezzata" e l'orgoglio e la fierezza sono scomparsi per far posto alla tristezza e alla dolcezza.
Autrice di questo "piccolo mostro" è forse il personaggio più estremizzato della storia, Miss Havisham, che indossa da quarant'anni l'abito da sposa che non la vide mai andare all'altare, e che vive in una casa dove tutto si è fermato e non entra più la luce.
E' a lei che Pip crede per anni di dovere la sua fortuna, e una delle più grandi delusioni del protagonista, è proprio quella di scoprire che deve tutto ad un uomo che disprezza e che ha popolato di incubi e sensi di colpa le sue notti di bambino.
Facciamo così la conoscenza di Magwitch, che in principio ci infastidisce, ma che poi riusciamo ad apprezzare, ed il cui ultimo sorriso è uno degli elementi commoventi del romanzo, alla fine del quale, per una casualità forse troppo forzata, tutti o quasi i personaggi risultano legati gli uni agli altri.

E così come avrebbe fatto l'orgoglio di Estella in seguito, così le grandi speranze di Pip si schiantano contro la vita vera, e tutti i suoi anni passati assumono un nuovo significato visti da una prospettiva differente.
E' il crollo di tutto, il crollo di un sogno che poggiava sul nulla, la fine dello snobismo e del rispetto reverenziale da parte dei suoi vecchi concittadini.

Alla fine del romanzo, la crescita del protagonista è compiuta, tutti i suoi errori acquistano visibilità ai suoi occhi, e Pip finalmente prende in mano la sua vita.
E' come se chiunque occupasse finalmente il proprio posto sullo scacchiere della vita: Pip ed Estella si sono liberati dalla loro presunzione; Joe ha finalmente una famiglia da amare e da cui è amato; Wemmick -uno dei miei personaggi preferiti- accresce la sua felicità domestica; l'avvocato Jaggers continua a difendere la malavita londinese circondato dalla sua aura di superiorità, mentre i due outsider della storia, Magwitch e Miss Havisham, lasciano che siano le altre pedine, a continuare la partita.

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Retrocopertina: Comparso a puntate tra il dicembre 1860 e l'agosto 1861 sulla rivista "All the Year Round", Grandi speranze ha per protagonista un ragazzo di modeste origini, Philip Pirrip, detto Pip, incarnazione di quella figura dell'orfano che ha una parte così rilevante in tutta la narrativa di Charles Dickens.
Maltrattato dalla sorella, costretto a dure giornate di lavoro nell'officina del cognato, Pip grazie all'aiuto di un misterioso benefattore riesce ad abbandonare il villaggio natio e a trasferirsi a Londra.
Il denaro che lo sconosciuto gli offre, insieme alle buone maniere che il ragazzo in breve tempo impara, lo introducono in una sfera sociale elevata, tuttavia le "grandi speranze" che Pip nutre saranno destinate a scontrarsi con nuove avversità.

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Giudizio personale: 4/5


martedì 13 settembre 2011

Orgoglio e pregiudizio - Citazioni

" E' verità universalmente riconosciuta che uno scapolo largamente provvisto di beni di fortuna debba sentire il bisogno di ammogliarsi.
Per quanto poco si conoscano, di costui, i sentimenti e le intenzioni, fin dal suo primo apparire nelle vicinanze, questa verità si trova così radicata nelle teste delle famiglie circostanti che queste lo considerano senz'altro come la legittima proprietà dell'una o l'altra delle loro figliuole".


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" Se io volessi giudicare malamente i figli di qualcuno, non sarebbero mai i miei ".
(La signora Bennet al signor Bennet)

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" La felicità nel matrimonio è tutta questione di fortuna ".
(Charlotte Lucas a Elizabeth Bennet)

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" Ti sta davanti, Elizabeth, una brutta alternativa. Da oggi in poi diventi un'estranea per uno dei tuoi genitori; se non sposi il signor Collins, tua madre non ti vuol più vedere, e se lo sposi, sono io che non ti vorrò vedere più ".
(Il signor Bennet alla figlia Elizabeth)

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" Più conosco il mondo, più ne sono scontenta... ".
(Elizabeth Bennet alla sorella Jane)

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" Non devi, per amore di una persona sola, cambiare il significato universale delle cose... ".
(Elizabeth a Jane)

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" Vi sono abbastanza ufficiali per far rimaner male tutte le ragazze del paese ".
(Il signor Bennet a Elizabeth)

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" Sono ancora troppo inesperte delle cose di questo mondo e non sono ancora arrivate alla umiliante convinzione che i bei giovani devono avere di che vivere come i brutti ".
(Elizabeth alla zia Gardiner)

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" Li stette a sentire su per giù con lo stesso piacere con cui ascoltava il rumore della carrozza ".


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" Più si cerca d'intimidirmi e più ho coraggio ".
(Elizabeth al signor Darcy)

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" Le mie dita [...] non corrono sulla tastiera con la maestria che hanno molte, non hanno quella forza e agilità e non rendono lo stesso effetto, ma ho sempre immaginato che fosse per colpa mia, perchè non mi sono data la pena di studiare. Non è che creda le mie dita incapaci di un'esecuzione migliore ".
(Elizabeth a Darcy)


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" Ho lottato invano. Non ci riesco. Non posso reprimere il mio sentimento. Deve permettermi di dirle con quanta passione la ammiro e la amo ".
(Darcy a Elizabeth)

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" -E' una pura fortuna- pensava -che mi resti qualcosa da  desiderare-".
(Elizabeth)

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" I suoi pensieri erano tutti tesi a quel punto di casa Pemberley, qualunque fosse, dove in quel momento doveva essere il signor Darcy ".


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" Si aspettava da un momento all'altro di veder entrare alcuni dei signori e tra questi desiderava e temeva che fosse il padrone di casa, senza riuscire a definire se fosse maggiore il desiderio o il timore  ".


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" ...mai aveva sentito così chiaramente di poterlo amare, come ora che tutto l'amore era vano ".


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" Conficcato in lei il più acuto dei tormenti, il rimorso... ".


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" Ci sarà sempre tempo per sperare qualche cosa ".
(Elizabeth)

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" Eccoli confinati, per tutta la sera, a due tavolini diversi, senza altra speranza che quella che gli occhi di lui si rivolgessero nella sua direzione con tanta frequenza da farlo perdere al gioco quanto perdeva essa ".


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" ...del passato interessa solo quello che, a rammentarlo, dà piacere".
(Elizabeth)






domenica 4 settembre 2011

L'ombra cinese

Autore: Georges Simenon
Titolo originale: L'ombre chinoise

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Stampato nel 1932, L'ombra cinese si rivela molto più piacevole del primo romanzo avente come protagonista Maigret, ovvero La prima inchiesta di Maigret.
Questa volta il commissario deve occuparsi dell'assassinio di un uomo ucciso in un laboratorio che comunica con un palazzo.
L'elemento più degno di nota è proprio il microcosmo costituito dalla palazzina, con una interessante galleria di personaggi: un ex-ambasciatore e la moglie; una vecchia pazza che urla non appena la sorella la lascia sola  per origliare alle porte dei vicini; la signora Martin, prima moglie dell'assassinato, piena d'odio e di rancore sia verso il primo marito che verso il secondo, un rassegnato, trasandato e a tratti commovente signor Martin.

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Retrocopertina: Le dieci di sera. I cancelli del giardino al centro di place des Vosges erano chiusi; la piazza era deserta: solo le tracce lucide lasciate dalle macchine sull'asfalto e il canto ininterrotto delle fontane, gli alberi senza foglie e la linea monotona dei tetti che si stagliavano uniformi contro il cielo. Sotto i magnifici portici che cingono la piazza non più di tre o quattro negozi avevano ancora le vetrine illuminate. In uno di essi il commissario Maigret vide una famiglia seduta in mezzo a una gran quantità di corone mortuarie di perle finte.
Aveva appena oltrepassato il negozio di corone e stava cercando di leggere i numeri sopra le porte quando una figura minuta uscì dall'ombra.
"E' con lei che ho parlato al telefono poco fa?". Doveva essere un bel pezzo che stava lì ad aspettarlo. Malgrado il freddo di novembre, non si era nemmeno infilata un cappotto sopra il grembiule. Aveva il naso rosso e lo sguardo ansioso.

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Giudizio personale: 4/5

sabato 27 agosto 2011

C'è un cadavere in biblioteca

Autrice: Agatha Christie
Titolo originale: The body in the library

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Tempo fa lessi un racconto breve avente per protagonista la simpatica ed intuitiva Miss Marple, ed ero curiosa di leggere un'altra sua avventura in forma di romanzo.

Purtroppo in C'è un cadavere in biblioteca è in realtà la polizia a farla da padrona, mettendo in ombra la stessa Miss Marple.
Mi sarei aspettata più atmosfera e avrei preferito leggere più perle come questa: " St Mary Mead viveva la mattinata più eccitante che avesse mai conosciuto da tempo.
La signorina Wetherby, una zitella acida e dal naso lungo, fu la prima a propagare la sconvolgente informazione.
Si precipitò dall'amica e vicina signorina Hartnell.
"Scusa se vengo così presto, cara, ma penso che forse tu avresti piacere di sapere la notizia."
"Che notizia?" chiese la signorina Hartnell. Aveva una voce profonda e bassa e visitava infaticabilmente i poveri per quanto essi cercassero di sottrarsi alle sue premure.".

Ad ogni modo, la storia è molto piacevole, e l'identità dell'assassino non è facilmente prevedibile.

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Retrocopertina: St Mary Mead, una mattina come tante. Almeno fino a quando il colonnello Bantry e sua moglie Dolly vengono bruscamente svegliati da una cameriera terrorizzata, venuta ad annunciare che, nella biblioteca della villa, è stato trovato il cadavere di una sconosciuta in abito da sera, apparentemente assassinata. Nessuno degli abitanti della casa ha mai conosciuto la vittima, ma allora come spiegare il bizzarro ritrovamento? La polizia, subito interpellata, comincia le indagini, ma ancora una volta sarà la simpatica Miss Marple, con il suo occhio infallibile e la sua lucida capacità di far luce nei più tortuosi meandri dell¿animo umano, a risolvere il caso. Apparso per la prima volta nel 1942, C'è un cadavere in biblioteca è uno dei romanzi nei quali emerge maggiormente lo straordinario fascino di Miss Marple.
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Giudizio personale: 4/5

lunedì 22 agosto 2011

Un nuovo battito

Autrice: Jodi Picoult
Titolo originale: Change of heart

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Così come in Senza lasciare traccia, in questo romanzo Jodi Picoult si avvale di una narrazione corale, lasciando che siano i personaggi a raccontarci la storia, a turno, attraverso capitoli più o meno brevi.
La scrittura è meravigliosa come al solito, e già dopo le prime tre facciate ci si trova completamente catturati.
Anche qui troviamo molte pagine dedicate alla vita in cella, con personaggi a tutto tondo che ci fanno commuovere, arrabbiare, riflettere.

Protagonista è proprio uno dei detenuti, Shay, che porta nella storia un argomento scottante: la pena di morte.
Attraverso le vicende dei personaggi la scrittrice ci costringe a renderci conto di quanto questa sia una pratica terribile, e fa davvero orrore leggere dei dialoghi sull'impiccagione come se si trattasse della cosa più normale del mondo.
Altro personaggio interessante è padre Michael, che vede crollare quasi tutte le sue certezze, ed è assalito da dubbi e sensi di colpa.

Unica incrinatura, i supposti "poteri" di Shay, i quali, dopo una spiegazione razionale aspettata e credo indispensabile, ritornano come un'immagine pop-up in un finale teoricamente lieto ma amaro, in cui la Picoult ci chiede una ulteriore e non necessaria sospensione dell'incredulità.

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Quarta di copertina: Per Shay Bourne, il primo condannato a morte del New Hapshire, è cominciato il conto alla rovescia. Ma quando tutto sembra essere perduto, gli si presenta un'occasione di salvezza: la possibilità di compiere un gesto che potrebbe riparare al male compiuto dodici anni prima e riscattare, così, la sua esistenza... Padre Michael, che ha consacrato la vita a Dio, quando si trova faccia a faccia con Shay, è costretto a mettere in discussione tutto ciò che gli è stato trasmesso sulla religione, sul bene e sul male, sul perdono, ma soprattutto su se stesso.
Maggie Bloom, infine, avvocato in prima linea nella difesa dei diritti umani, è pronta a combattere perchè Shay possa esaudire il suo ultimo desiderio, anche se questo significherà affrontare una lunga battaglia in tribunale, e il rischio di svelare segreti che meglio sarebbe se rimanessero tali per sempre...
In questo romanzo, Jodi Picoult incanta e conquista ancora una volta i lettori con una storia potente e cruda, che ci racconta l'oggi e approda a un finale così realistico e sconcertante da restare stupefatti.

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Giudizio personale: 4/5

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Qui le citazioni dal testo


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Della stessa autrice:
Intenso come un ricordo
- Senza lasciare traccia

giovedì 18 agosto 2011

Lucrezia Borgia

Autrice: Maria Bellonci

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Messo da parte lo stereotipo di donna crudele, tentatrice, corrotta e perversa -tanto da essere stata per secoli accusata di essere figlia, moglie e nuora del Papa-, Maria Bellonci -autrice del bellissimo Rinascimento privato- basandosi solo su documenti autentici, ci dipinge un ritratto il più fedele possibile di quella che dovette essere sul serio Lucrezia Borgia.
Unica figlia femmina di Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, fu a quanto pare amatissima dal genitore e dai fratelli, che non per questo evitarono di usarla come pedina di vetro sullo scacchiere politico, o, più spesso, come vittima sacrificale al fine di raggiungere i propri scopi.
Dal libro emerge così la figura di una ragazzina e poi di una donna estremamente legata alla famiglia, orgogliosa di farne parte, eppure contemporaneamente come persa in un mondo troppo grande, troppo lussuoso, troppo pericoloso.
Pericoloso, sì, perchè i Borgia non esitavano a compiere assassinii -e ad assassinarsi tra loro- pur di ottenere ciò che volevano.
E' così che una Lucrezia ancora giovane ma già sposata due volte, chiede -spera- di essere data in moglie a Ferrara, anche se questo significa lasciare Roma, due bambini amatissimi e il sogno di andare in quella Spagna da sempre dipinta come meravigliosa patria da Papa Borgia.
E' la voglia di allontanarsi dai giochi di potere, dall'immoralità, dall'egoismo, da quella famiglia adorata che non ha esitato a toglierle quello che è stato ipotizzato essere il suo primo vero amore, il secondo marito Alfonso di Bisceglie.
Perchè Lucrezia non riesce a disprezzarli, o almeno non per molto, e neanche ad allontanarsene, anche se ciò significa essere usata e calpestata.
Maria Bellonci ci racconta tutto ciò in poco meno di 600 pagine, senza inventare nulla -ponendosi qualche domanda, a volte, su quello che Lucrezia avrebbe potuto provare- ma, come già detto, affidandosi esclusivamente a documenti, per lo più lettere e registri.
Ricostruisce così minuziosamente gli ambienti, le feste, le cerimonie, ci elenca le pietre preziose possedute dalla duchessa (ultimo titolo di Lucrezia), il modo in cui venivano usati per farne gioielli, i tessuti utilizzati, i colori, le pettinature -e a questo proposito fa quasi sorridere ed è estremamente attuale la "rivalità" tra Lucrezia e la cognata Isabella d'Este-, i disegni per gli abiti, la moda di questa o quella corte.
Alla storia principale di Lucrezia se ne intrecciano inoltre mille altre, oltre a quelle degli innumerevoli Borgia -il Papa in primis, e poi Cesare, Giovanni, Jofrè, Angela-, delle dame di compagnia, dei poeti, di Sancha d'Aragona e Caterina Sforza, di figure altrimenti sconosciute, come quella di Dorotea, rapita il giorno del suo matrimonio, o quella di Barbara Torelli.
La lettura non è sempre semplicissima, ma val la pena di lasciarsi conquistare da questo libro, per immergersi nel XVI secolo e cercare di comprendere cosa e come fu la vita di una donna la cui memoria è stata molto spesso maltrattata.

Bellissimo il finale, nel quale l'autrice permette all'immaginazione di impadronirsi del testo:
"La poveretta va stentando" scrivevano i relatori.
Passa il 23; e trascorse il 24 giugno col suo sole allegro e chiaro avviato al giro consueto. Lucrezia si era quietata, pareva stesse ormai senza capire. Eppure, laggiù dove lei giaceva, qualche cosa doveva ancora arrivare a toccarla: era il colore del cielo di Subiaco, e si sentiva in basso rotolare l'Aniene, mentre al riso carnoso di Vannozza seguivano, scoccati, i baci materni dall'odor di vaniglia. Era il rosso della porpora cardinalizia abbagliato e vinto dal bianco trionfale della veste pontificia, e il gran viso di Alessandro VI tutto aperto alla luce d'agosto. Si componevano le volte ora finite e indorate dal pennello del Pinturicchio, tintinnavano vicini i campanelli del duca di Gandia, e s'incrociava, denso e periglioso, lo sguardo di Cesare Borgia.
Roma andava vaporando in una polvere rosea, di sera, mentre la campana del Campidoglio commentava ed esaltava i fasti borgiani. Forse a questo rombo che sembra arrivare da un tempo remotissimo, da un'eternità umana, con una voce che ha tanto di magia quanto di antica incuorante serenità, i terrori finivano di sbandarsi per dar luogo a una stanchezza lunga, filata, vicina alla pace. Era venuto il momento di non aver più paura. Lucrezia guardava in viso suo padre come al momento della loro separazione, quel nevoso mattino d'Epifania. E come allora sospirò appena, quando qualcuno disse che bisognava partire.
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Giudizio personale: 5/5

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Presunto ritratto di Lucrezia Borgia

La famiglia Borgia

Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia

Cesare Borgia

Giovanni Borgia

Jofrè Borgia

Presunto ritratto di Giulia Farnese (ma secondo i documenti la dama aveva capelli corvini)

Vannozza Cattanei

Angela Borgia

Alfonso I d'Este

Ippolito d'Este

Isabella d'Este

Francesco Gonzaga

Caterina Sforza

Carlo VIII re di Francia

Anna di Bretagna, moglie di Carlo VIII

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Links
- kleio, innumerevoli immagini di Lucrezia Borgia;
- kleio, innumerevoli immagini di Isabella d'Este;
- tanogabo, breve storia di Caterina Sforza ed alcune ricette di bellezza ideate da lei;
- castello di Gradara, breve storia della famiglia Borgia.

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Aggiornamento 13/04/2013

E' del 2011 la serie tv The Borgias, con Jeremy Irons nei panni di Papa Alessandro e Holliday Grainger in quelli di Lucrezia; Francois Arnaud è invece Cesare, mentre Lotte Verbeek è Giulia Farnese.


Che si tratti di un prodotto Showtime (The Tudors) è palese sin dai primi secondi della sigla:



La prima stagione è composta da nove episodi; prende le mosse dalla morte di Papa Innocenzo VIII -a cui seguirà l'ascesa di Rodrigo Borgia al soglio pontificio - e si conclude con la calata dei francesi nel Regno di Napoli e la nascita dell'Infante Romano.
E' una serie molto ben fatta e alquanto piacevole (alcune inesattezze storiche sono facilmente perdonabili, in quanto prodotto di intrattenimento), anche se mi hanno lasciata perplessa i personaggi del Papa e di Cesare Borgia. Il primo, infatti, sembra quasi perennemente stupito o assente, mentre il secondo non è - almeno non ancora - il mostro sanguinario di cui ci parla la storia. E' un personaggio scaltro, ma a suo modo positivo, e la prima volta che uccide un uomo, lo fa per amore...
Mi è piaciuto molto, invece, il modo in cui è stata resa Lucrezia, presentata come una ragazzina allegra e spensierata che deve poi crescere in fretta a causa del matrimonio con Giovanni Sforza.



Assenti, per il momento - e spero che si continui così - ogni riferimento alla leggenda di Lucrezia quale figlia, nuora, e amante del Papa, anche se alcune scene - soprattutto tra la ragazza e Cesare - sono state palesemente confezionate per essere viste, volendo, con occhio malizioso.