domenica 21 novembre 2010

Rivelazione

Autore: Peter Moore Smith
Titolo originale: Raveling

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Pilot è uno schizofrenico - o, almeno, questo è quello che dicono i medici -.
Non è stato più lo stesso da quando, vent'anni prima, la sorellina Fiona scomparve misteriosamente durante un party in piscina.
Pilot continua a vedere la piccola col suo costumino rosso, continua a rivivere quella giornata, con l'assoluta certezza di sapere qualcosa che non vuole saperne di uscire fuori dalla sua testa.
Ma chi crederebbe a uno schizofrenico?
Chi preferirebbe dare adito alle sue parole, piuttosto che a quelle del fratello, noto neurochirurgo?
Chi potrebbe credere alla verità, quando questa supera ogni terribile fantasia?
Claustrofobico, ingannevole, confuso, Rivelazione ci dispiega dinanzi la mente di Pilot, i suoi ricordi, i suoi vaneggiamenti, le sue verità.
Molto belli gli ultimi capitoli, in cui l'attenzione si sposta su altri personaggi, ma sta al lettore capire quando e perchè.
Con un finale, una "rivelazione", davvero molto forte, terribile, inaspettato.

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Retrocopertina: "Questa è la vera natura dell'inganno, distorcere le cose, persuadere senza persuasione: per complicare. È troppo semplice inventare una bugia, dire che eri in un posto e non in un altro, negare una serie di eventi. Perché la verità è un groviglio, e ci arrivi ben più facilmente con l'aggrovigliare che con lo sgrovigliare."
Pilot Airie è uno schizofrenico, assalito da ricordi confusi, immagini sfuocate. Rivelazioni. Un episodio lontano, una bambina scomparsa vent'anni prima, sua sorella Fiona, lo tormenta.
Da quel tragico fatto in poi la sua famiglia si è come "disintegrata". Le ombre del passato non hanno mai abbandonato Pilot, stanco di cercare rifugio nella "zona grigia" della malattia e negare il ricordo. Spaventato ma ancorato alle sue poche certezze, Pilot combatte un altro nemico, più grande e potente: la presenza sicura e solida del fratello maggiore, Eric, un celebre neurochirurgo, uomo in grado di minarne le certezze e di relegarlo al ruolo di stralunato e pericoloso visionario. Ma niente potrà più impedire alla verità di tornare a galla con prepotenza anche dopo tanti anni...
Questo romanzo raro e inquietante svela la maestria di Moore Smith nel ricostruire i pensieri confusi e psicotici di Pilot e la forza prorompente della verità coinvolgendo il lettore nei tentativi di Pilot di cogliere tracce di verità nel continuo ondeggiare tra realtà e illusione. Un thriller costruito come una fitta ragnatela, da sbrogliare passo dopo passo, frammento dopo frammento, rivelazione dopo rivelazione...


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Giudizio personale: 4/5



sabato 20 novembre 2010

La casa del sonno

Autore: Jonathan Coe
Titolo originale: The house of sleep

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Ashdown è una grossa e severa costruzione a picco sul mare, che nella metà degli anni Ottanta ospita svariati studenti universitari; tra questi: Sarah, le cui scelte condizioneranno la vita di tutti; Gregory, studente di medicina, insensibile e razionale; Veronica, passionale a battagliera lesbica amante del teatro; Robert, romantico e fragile; Terry, cinefilo al massimo grado.
Le vite dei ragazzi si intrecciano per un breve, significativo, lasso di tempo, prima che ognuno prenda la propria strada, lontano dagli altri.
Ma possono davvero restare del tutto separati, dei destini, quando sono stati coinvolti sentimenti così forti e duraturi?
Dodici anni dopo, negli anni Novanta, ritroviamo gli ex-studenti ormai adulti, ormai alle prese con una vita fatta di rimpianti, sogni inesauditi e scevra da passioni.
Ma ecco che Ashdown ritorna, trasformata in una clinica per i disturbi del sonno, diretta da un medico di nome Gregory convinto che la malattia sia proprio il sonno, e non la sua mancanza, coadiuvato da una psicologa di nome Cleo, lo stesso che Sarah aveva sognato essere quello di un'inesistente gemella di Robert.
E Robert ritorna in un messaggio sul muro trovato dietro un armadio, torna in una poesia lasciata a pagina 173 de "La casa del sonno", libro simbolo della relazione tra Veronica e Sarah.
E torna Veronica, negli occhi di una bambina triste, e Sarah, finalmente consapevole di essere narcolettica; torna Terry, che non riesce più a sognare, e torna Ruby, che sta ancora cercando il modo di sdebitarsi per una meravigliosa giornata della sua infanzia.
E torna la speranza per qualcuno; arriva al capolinea qualcun altro.

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Retrocopertina: Dopo La famiglia Winshaw, un altro caleidoscopio di invenzioni narrative e un'altra girandola di personaggi ora commoventi ora comici, in un dormiveglia caotico che non conosce riposo. in La casa del sonno si racconta l'avventura di un gruppo di giovani.
Da studenti, nei primi anni ottanta, vivono tutti nella severa Ashdown: Gregory, che studia medicina e ha la mania di spiare il sonno altrui; Veronica, una lesbica volitiva, ultrapoliticizzata e appassionata di teatro; Terry, che dorme quattordici ore al giorno e da sveglio sogna di girare un film che richiederà cinquant'anni di riprese; Robert, romantico studente di lettere, che scrive poesie d'amore per Sarah; e Sarah, appunto, intorno alla quale girano le vicende di tutti gli altri. Dodici anni dopo, Ashdown è diventata una clinica dove si cura la narcolessia e nei sotterranei si svolgono oscuri esperimenti. E' un autentico "castello dei destini incrociati", dove si avverano sogni e si dissolvono visioni; dove c'è chi dorme troppo e chi troppo poco, chi ama sognare piuttosto che vivere e chi non vorrebbe perdere un solo minuto di vita nel sonno. E, mentre si interroga ossessivamente sul valore e il significato del sonno, l'eterogenea comunità di studenti, diventata adulta, inciampa nel malessere, nella follia e nelle comiche incongruenze della vita.

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Giudizio personale: 4/5


sabato 13 novembre 2010

Mansfield Park

Autrice: Jane Austen
Titolo originale: Mansfield Park

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Mansfield Park è stato per molto tempo considerato il romanzo didascalico della Austen, una sorta di "guida" al comportamento dedicata alle donne.
Fanny, infatti, la protagonista del romanzo, è a prima vista proprio come gli altri vogliono che sia: ubbidiente, rispettosa, manovrabile, plasmabile, con gli occhi bassi, grata e senza pretese.
Ad un attento esame, però, è possibile cogliere il messaggio che l'autrice voleva trasmetterci: Fanny non è un modello di virtù da seguire, è bensì una vittima del sistema educativo del tempo, è una ragazza che viene accettata dai suoi simili solo soffocando la sua vera natura e la propria spontaneità ed è di continuo minacciata dall'accusa di essere un'"ingrata", il che la costringe a comportarsi secondo i dettami e i desideri altrui.
"Odio Fanny" afferma una delle protagoniste del Club di Jane Austen " è sempre così perfetta! ".
In realtà Fanny non è per niente perfetta -nel senso vittoriano del termine-, ciò che mi ha stupito, è che ella è assolutamente vivace, e la Austen è stata capace di fare in modo che il lettore possa sentire tutta quella vivacità, ma capisca anche quanto questa sia repressa e quasi impossibile da esprimere.
Fanny non è solo sensibile e amante della natura, è anche capace di approfittare del suo status di "buona" per cercare di condizionare il cugino Edmund riguardo a Mary Crawford, ed ha abbastanza coraggio da rifiutare la proposta di matrimonio del fratello di questa, mettendosi apertamente contro l'idolatrato zio Sir Thomas.
In particolare in questa scena, una delle più drammatiche del libro, la Austen critica, come in tutti i suoi romanzi, il modo in cui erano trattate le donne ai suoi tempi.
Sir Thomas, pur severo e distante, si era comportato sempre con benevolenza con Fanny, guadagnandosi la sua gratitudine e il suo affetto.
Ed è proprio facendo leva su tali sentimenti e sulla condizione sociale della ragazza, che egli tenta di costringerla ad un matrimonio "desiderabile" ed "onorevole", fino a giungere, non volendo vedersi sconfitto, alla punizione di inviare la nipote nella casa natia, perchè la casa di suo padre le avrebbe insegnato il valore di una buona rendita, e l'avrebbe fatta diventare più saggia (e propensa a sposare Mr Crawford).

" Devo forse capire [...] che hai intenzione di rifiutare Mr Crawford? [...]
C'è qualcosa in tutto ciò che sfugge alla mia comprensione. Ecco un giovanotto che desidera sposarti, ed è raccomandabile sotto ogni aspetto; non solo per posizione sociale ed economica e carattere, ma per una simpatia e dei modi fuori del comune, e per una conversazione e uno spirito che affascinano chiunque. [...].
Non serve a niente, me ne rendo ben conto, parlarti. [...]
Aggiungerò soltanto, dunque, in quanto ritengo mio dovere dirti ciò che penso della tua condotta... che hai deluso qualsiasi aspettativa mi fossi formato su di te, e hai dimostrato di avere un carattere che è esattamente l'opposto di quello che io supponevo. [...] mi ero fatto di te un'opinione molto favorevole. Ti avevo creduto immune dall'ostinazione, dalla presunzione e da quell'indipendenza di spirito che tanto prevale ai nostri giorni, persino in giovani come te, e che in giovani come te è offensiva e repellente più di ogni altro difetto comune. Ma tu ora mi hai dimostrato di saper essere ostinata e ribelle, hai dato prova di potere o volere decidere per te stessa, senza alcuna considerazione o deferenza per coloro che hanno sicuramente qualche diritto a guidarti - senza neppure chiedere il loro consiglio. [...]
Pensi solo a te stessa [...] stai gettando via un'opportunità di sistemarti bene nella vita, in modo altamente desiderabile, onorevolmente, nobilmente, quale probabilmente non ti si presenterà mai più. [...].
Tu non hai verso di me gli obblighi di una figlia. Ma Fanny, se il tuo cuore può assolverti dall'ingratitudine... ".
Fanny si dimostra in questo caso una donna (o meglio, una ragazza, ha solo 18 anni) molto forte; benchè le parole dello zio e l'accusa di ingratitudine la feriscano molto, ella per una volta rifiuta di chinare il capo e dire sì.
Come si può ben comprendere, io, contrariamente alla Sylvia del Club, non ho affatto odiato Fanny, anche se ammetto che la prima volta che ho letto Mansfield Park, ella mi era piuttosto indifferente.

Davvero molto belle le scene in cui Fanny, a Portsmouth a casa del padre, fa chiarezza sul suo senso d'appartenenza: vissuta per circa otto anni a Mansfield come parente povera, Fanny accoglie con piacere l'idea di fermarsi per qualche tempo nella casa natia. Una volta lì, però, si accorge di appartenere a quel luogo ancor meno di quanto appartenga a Mansfield.
Troppo povera per i Bertram, troppo signorile per i Price, Fanny in realtà non appartiene a nessuno di loro. Ella è come divisa in due, ma la parte più consistente propende per Mansfield, e la ragazza capisce -e ciò ci è narrato con parole molto toccanti, oserei dire- che dentro di lei "casa" è solo una delle due, quella dei Bertram.

Meritano di essere menzionate le zie, la zia Bertram e la zia Norris.
La prima, moglie di Sir Thomas, è stata una bellezza, ha contratto il suo matrimonio onorevole, e passa il tempo preoccupandosi più del suo cane che dei propri figli, occupandosi di lavori di ricamo privi di alcuna utilità e bellezza e dormendo, completamente ignara di ciò che accade intorno a lei ed incapace di prendere qualsiasi decisione.
La sua dimensione più "umana" emerge quando il figlio maggiore si trova in pericolo di vita, e fa tenerezza il suo bisogno di avere Fanny accanto ed il modo in cui accoglie la ragazza di ritorno da Portsmouth.
La zia Norris è un personaggio austeniano per eccellenza, uno dei meglio caratterizzati.
Vedova di un pastore, sempre timorosa di essere lasciata a se stessa, fa di tutto pur di rendersi indispensabile, al punto da desiderare di essere la prima a dare la notizia in casa di un'eventuale morte di Sir Thomas, partito per Antigua.
Letteralmente innamorata della nipote Maria, considera Fanny, della quale ha comunque proposto l'adozione, un peso e l'elemento più insignificante della famiglia, a causa delle sue origini. Frugale e risparmiatrice alla massima potenza, riesce sempre a portare a casa qualcosa con cui riempire la propria credenza.
Il modo in cui è descritta mi ha fatto immediatamente pensare al Mr Collins di Orgoglio e Pregiudizio.
Particolare in questo romanzo anche la figura del villain, Mr Henry Crawford.
Dongiovanni impenitente, comincia a corteggiare Fanny per una scommessa con se stesso, e finisce per innamorarsene. Uno spiraglio di quello che avrebbe potuto essere, ce lo offre la Austen mostrandoci l'uomo che addirittura raggiunge la ragazza a Portsmouth ed interagisce con la sua "poco onorevole" famiglia, e quando ci proietta in un possibile futuro in cui Fanny, dopo le nozze di Edmund con Mary, avrebbe accettato di sposarlo.
Ed Henry ci fa quasi pena, quando invece si ritrova di nuovo rifiutato dall'unica donna che è stata capace di farlo innamorare, e per la quale, giura, sarebbe cambiato (ma poi, lo avrebbe fatto davvero?).

Sul fronte dell'amore, la storia di Fanny, tra tutte quelle delle eroine austeniane, è forse l'unica che lascia l'amaro in bocca: Fanny è da sempre innamorata del cugino Edmund, l'unica persona ad averla sempre trattata gentilmente; nel corso del romanzo, vediamo però un Edmund completamente preso dalla spregiudicata Miss Crawford (forse perchè del tutto diversa da Fanny?). Solo quando l'uomo si renderà conto della vera natura della donna che ama, rivolgerà finalmente le sue attenzioni a Fanny - che ha comunque sempre amato come una sorella -, perchè è stato lui a "plasmarla" ed a farne quello che lei è diventata: una ragazza virtuosa, con gli stessi interessi del cugino, lo stesso modo di sentire, dispostissima a farsi indirizzare da lui.
" Aveva continuato ad amarla, guidarla e proteggerla come aveva sempre fatto da quando lei era una bimba di dieci anni, l'animo di lei si era in gran parte formato grazie alle sue cure, il conforto di lei dipendeva dalla sua bontà, ella era per lui oggetto di un interesse vigile e peculiare, e gli era resa ancora più cara da tutta l'importanza che lui, più di chiunque altro a Mansfield, aveva ai suoi occhi... che cosa mancava ormai, se non che lui imparasse a preferire dolci occhi chiari a degli sfavillanti occhi scuri? ".

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Retrocopertina: Mansfield Park, uno dei romanzi più noti e discussi di Jane Austen, narra la storia di Fanny Price. Adottata, ancora bambina, dagli zii Sir Thomas e Lady Bertram, Fanny viene accolta e allevata nella loro lussuosa proprietà di Mansfield Park. Qui cresce, parente povera in un ambiente d'elite, e misura tutta la distanza fra il proprio modello educativo -fondato sul senso del dovere, l'abnegazione, la virtù - e quello, in particolare, della spregiudicata Mary Crawford. Alla fine la protagonista sposerà il cugino Edmund, figlio di Sir Thomas, e con lui si stabilirà definitivamente a Mansfield Park.
Al di là dell'apparente trionfo della morale tradizionale, la narrazione contiene un'implicita e corrosiva critica della cultura dominante del primo Ottocento: Fanny - suggerisce l'autrice - realizza, infatti, l'ascesa sociale al prezzo della negazione della propria libertà e spontaneità.
Mansfield Park ha il suo vero coentro nel tema scottante dell'educazione femminile e dimostra tutta la modernità di Jane Austen, le cui opere, non a caso, conoscono oggi uno straordinario e duraturo successo, coronato anche da fortunate trasposizioni cinematografiche.
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Giudizio personale: 5/5

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E' del 1999 il film Mansfiel Park con Frances O'Connor e Johnny Lee Miller.

Pur essendo una pellicola molto piacevole, questa trasposizione non risulta molto fedele al romanzo della Austen. Probabilmente perchè ispirato anche alle lettere dell'autrice stessa, Fanny è una scrittrice, e diversamente dal suo corrispettivo cartaceo, esprime molto di più la sua vivacità e le sue opinioni (e devo dire che vedere Fanny Price rispondere a tono alla zia Norris è una gran bella soddisfazione!).
Si dà qui ampio spazio alla tratta dei neri, grazie alla quale i Bertram, nel romanzo, si sono arricchiti, e al modo in cui Sir Thomas si rapporta agli schiavi.

La storia tra Edmund e Fanny è molto più romantica che nell'originale: pur infatuandosi di Mary Crawford, il cugino è innamorato, seppur inconsciamente, di Fanny sin dall'inizio del film, e non sono rari i momenti romantici tra i due.
Frances O'Connor è una Fanny molto carina, e un giovane Johnny Lee Miller, che sarà un perfetto Signor Knightley in Emma del 2009, figura bene anche nel ruolo di Edmund Bertram.
Molto belle le scene a Portsmouth con Henry Crawford, e la sorpresa dei fuochi d'artificio -del tutto inedita- è un'aggiunta piuttosto carina.
Non mi è piaciuto che Fanny si rivolga sempre allo spettatore quando scrive, ed anche dopo il bacio con Edmund.
Come già detto, è questa una versione di Mansfield Park molto piacevole, ma che potrebbe deludere chi spera di trovarla del tutto aderente al romanzo.
Posto un video con le scene più significative tra Edmund e Fanny:


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Nel 2007 è stata invece realizzata una trasposizione di Mansfiel Park ad opera della BBC, e devo dire che ne sono rimasta un pò delusa.

Billie Piper è una Fanny piuttosto bruttina, e Blake Ritson, che nel 2009 sarebbe stato un ottimo Mr Elton, non riesce a dare nemmeno un'ombra di fascino ad Edmund Bertram. E se è vero che anche l'occhio vuole la sua parte, vederli insieme negli stessi fotogrammi è come ricevere un pugno, in quell'occhio.
Altra "pecca" del film è l'eliminazione dell'episodio riguardante Portsmouth -sembra che le riprese siano state fatte tutte all'interno della casa e in giardino- : Fanny viene semplicemente lasciata sola a casa, mentre gli zii si allontanano alcuni giorni per una visita.
Anche il ballo per il compleanno di Fanny è sostituito da un semplice pic-nic, ma tutto sommato la cosa risulta gradevole.
Molto aderente al testo l'atteggiamento di Edmund, presissimo da Mary Crawford per buona parte del film.

sabato 6 novembre 2010

Lost and found

Autrice: Jane Sigaloff
Titolo originale: Lost & Found

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Lost and found è il primo libro della collana Red Dress Ink che ho letto.
Si tratta di una commedia romantica dalla trama piuttosto lineare e prevedibile:

lei, bella e giovanissima, avvocato in carriera con amica coniugata, amica avvocato, coinquilina interinale e piuttosto facile, corteggiata dal capo sposato, ossessionata dalla linea, dimentica il suo diario in un cassetto di una stanza d'albergo.

Lui, che lavora per una emittente televisiva, gira documentari di dubbio gusto, indossa t-shirt di gusto ancor più dubbio, naturalmente trova il diario, naturalmente lo legge, ed ancor più naturalmente vola dagli Stati Uniti in Inghilterra spinto dalla curiosità di conoscerne la proprietaria.

Da qui una serie di malintesi, rifiuti, tira-e-molla, passando per un padre col cancro e un trasferimento oltreoceano, fino ad... una panchina in una strada affollata, dove non svelo cosa succede (e come si conclude la storia).

Benché pecchi per una trama non proprio originale, Lost and Found non risulta un romanzo noioso, è ben scritto, ed abbastanza lungo da dare il giusto spazio a tutti i personaggi, così che anche quelli minori -come la sorella del protagonista o il padre della protagonista- possiedono coerenza e spessore.

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Quarta di copertina: Il tuo diario non ti tradisce mai (al contrario degli uomini).

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Giudizio personale: 4/5

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Della collana Red Dress Ink: