giovedì 30 dicembre 2010

Piccole donne


Autrice: Louisa May Alcott

Lingua: italiano

Titolo originale: Little women, or Meg, Jo, Beth and Amy

Genere: romanzo

Prima pubblicazione: 1868


Da bambina avevo guardato il cartone animato e il film delle Piccole donne, ed avevo letto il seguito, Le piccole donne crescono, ma non il romanzo più famoso della Alcott.
E così, eccolo... dopotutto, non è mai troppo tardi...!

Piccole donne è scritto molto bene, la storia è scorrevole, molto tenera, le avventure delle protagoniste non vanno al di là della loro casa e dei loro affetti, eppure non risultano noiose o troppo prevedibili.
Non so se alle ragazzine di oggi questo libro piacerebbe, ma sono sicura che i bambini lo adorerebbero.


Da piccola la mia preferita era Beth, e lo è stata anche questa volta, anche se nel suo personaggio si scorge qualcosa di triste, come se la scrittrice volesse dirci che quella gentile e fragile creatura non è fatta per la vita, ma è come se in essa ci fosse capitata per caso.

La piccola, infatti, è l'unica delle ragazze March per cui non prevediamo un futuro; ella scivola nei giorni come un alito di vento, è una presenza tranquilla, rassicurante per chi le sta accanto, eppure la sua indole così timida -troppo timida- ha qualcosa di drammatico.
Questa volta ho apprezzato anche Jo, il "maschiaccio", per il suo coraggio, il suo voler essere se stessa a tutti i costi, ma anche per l'umiltà e la volontà di cambiare, se ciò sembra la cosa migliore.
Antipatica come al solito invece Amy, la piccola viziata e capricciosa, ed anche un pò egoista e dispettosa (bruciare il manoscritto di Jo è un'azione davvero imperdonabile).
Un pò piatto il personaggio di Meg; sembra avere per lo più il merito della bellezza, ma non spicca per altre qualità.
Adorabile il vecchio signor Laurence, ben caratterizzato il personaggio della zia March, simpatico il combina guai Laurie.

La storia ci offre uno scorcio della vita in America nella seconda metà del 1800, le piccole lotte quotidiane per la sopravvivenza, i semplici divertimenti, la società.
Il libro, come è normale in quanto scritto alla fine del XIX secolo, è ricco di insegnamenti morali rivolti soprattutto alle quattro ragazze, tuttavia ciò, al giorno d'oggi, sa un pò di inibizione: una su tutte, è un peccato vedere Jo rinunciare alla sua vera indole per cercare di comportarsi come una "signorina".

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Quarta di copertina: Meg, Jo, Beth e Emily March sono quattro giovani sorelle di età compresa tra gli undici e i diciassette anni.
Le quattro sorelle, tutte magistralmente descritte e caratterialmente diverse, vivono con la madre, molto attenta e prodiga di buoni consigli, in attesa del ritorno del padre partito per la Guerra di Secessione come cappellano.
Le vicende si succedono una dopo l'altra, seguendo alcune piacevoli storie e altre dolorose ma sempre affrontate con coraggio e dignità dalle giovani protagoniste.
La famiglia March conduce infatti una vita "decorosa" improntata a una grande civiltà morale.

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Rating: 5/5

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Nel 1987 la Nippon Animation produsse 48 episodi sulle avventure delle ragazze March.
L'anime fu trasmesso per la prima volta in Italia, con il titolo "Una per tutte, tutte per una", da Italia1 nel 1987.


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Precedente a "Una per tutte, tutte per una", è il "Piccole donne" della Toei Animation, film a cartoni animati presente per intero su YouTube.
Ho visto solo la prima parte, e non posso dire che sia fatto male; lascia un pò perplessi l'aspetto fisico delle ragazze (Jo è bionda, Meg bruna e Amy castana), e il carattere di Jo è un pò estremizzato -è una gran pasticciona- e lievemente dissimile dall'originale (nota Laurie perchè è un bel ragazzo, e non fa che ripeterlo).



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domenica 26 dicembre 2010

La casa delle sorelle - Citazioni

" Ci sono individui fatti così, che non riescono a riparare i danni inflitti dal destino alla loro anima ".

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" ... si rese conto che tornare a casa non voleva dire ritrovare tutto quello che si era lasciata alle spalle ... ".

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" E' pur sempre il mio paese. [...]. Questo non è cambiato. Quello che provo per questa terra nessuno potrà portarmelo via ".

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" ... la sua vita era stata spezzata, aveva perduto persone che amava, si era perduta lei stessa. Avvertì all'improvviso tutto il peso della sofferenza, e dovette dominare una tristezza muta e indefinita ".

Chi prenderà Fluffy?

Autrice: Judith Summers
Titolo originale: Who gets Fluffy?

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E' ormai -purtroppo- lo stereotipo della donna moderna: bella - o quanto meno formosa -; esperta di moda; in carriera; incurante dell'orologio biologico; una frana con i bambini, e ancor di più in cucina, darebbe un anno di vita pur di non scheggiarsi le unghie appena laccate o di indossare le ultime Manolo Blahnik.
Questa è Annie, personal shopper all'Haines e Hampton, personaggio poco originale, che ricorda troppo la Becky kinselliana.
Il libro si apre con la causa di divorzio tra lei e Mark. Lui, naturalmente, è uno che indossa solo magliette improponibili e calzoncini kaki, nullatenente dog-sitter a tempo perso, che la moglie ha mantenuto per tutta la durata del matrimonio.
E naturalmente è bravissimo in cucina, adora i bambini e ne vorrebbe uno, e ancor più naturalmente - che prevedibilità, sigh...- tradisce Annie a causa di questo desiderio frustrato e del suo senso di solitudine.
L'unico problema nella causa di divorzio è l'affidamento di Fluffy, un bastardino conteso tra i due quasi-ex-coniugi.
Da qui, in prima persona, Annie ci racconta del suo incontro con il cagnolino prima e con Mark poi, della loro storia d'amore, del naufragio del matrimonio.
Il tutto sempre abbastanza prevedibile (dalla prima entrata in scena di Mark, sappiamo già bene come andrà a finire), con pochissimi momenti divertenti, ed una protagonista che a volte pecca di stupidità (come quando porta per la seconda volta l'irrequieto Fluffy a lavoro, in un prestigioso negozio; o quando lascia il cane al suo padrone di casa, palesemente inadatto a prendersi cura di un animale del genere).
Con un finale banale e scontato, in un capitolo in cui si paragona Mark a Colin Firth in "Orgoglio e Pregiudizio".


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Retrocopertina: Natale è sempre stato un periodo delizioso per Anna (n.d.b.: nel libro la protagonista è indicata sempre e solo col nome di Annie) e suo marito Mark. Ma quest'anno, per puro caso, Anna scopre tra i pacchetti di Mark un regalo chiaramente indirizzato a un'altra donna. È la fine della loro relazione, dopo quattro anni apparentemente felici, in cui Anna si è costruita una solida carriera mentre Mark provava senza successo a sfondare come musicista. Le procedure per il divorzio potrebbero concludersi in fretta e i due restare in buoni rapporti, se non fosse che nessuno è intenzionato a cedere all'altro la custodia del dolce e dispettoso cagnolino Fluffy. All'inizio della storia d'amore di Anna e Mark era stato al centro dei loro primi incontri, un cucciolo cresciuto tra mille attenzioni, e molto viziato. Ma ora i due sono pronti a darsi battaglia per l'affidamento, costringendo gli avvocati a sferrare colpi bassi, giurando e spergiurando il falso, pur di ottenere in esclusiva le coccole di Fluffy... che intanto soffre e si dispera perchè i suoi padroncini non vanno più d'amore e d'accordo. Può l'affetto per un tenero cagnolino scatenare una vera e propria guerra? Scopritelo in questo divertente, dolceamaro, commovente romanzo.

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Giudizio personale: 3/5


mercoledì 8 dicembre 2010

Berlin Alexanderplatz - Citazioni

" ...e godeva di poter udire la sua voce, vuol dire che si ha ancora qualcosa, che tutto non è finito".

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" Non che passa la fame, con le storie, ma si dimentica ".

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" Bisogna poter vedere nel mondo e andare verso di esso ".

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" Chi una volta ha baciato sulla riva del mare, lambito dall'onde danzanti, in un sussurro, quegli sa qual sia la cosa più bella al mondo... ".

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" Sebbene tu soffra così e tu soffra per i tuoi pensieri, non vuoi perderli? ".

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" Acque nel folto e nero bosco, acque terribilmente nere. Così silenziose, terribilmente silenziose. La vostra superficie non si muove quando attorno alla foresta infuria la bufera e i pini cominciano a piegarsi e le ragnatele tra i rami si squarciano e si schiantano i legni.
Voi rimanete nel fondo, acque nere, e i rami cadono.
Il vento sbatte la foresta, ma sino a voi non arriva la bufera ".

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" Non hanno saputo che dovevano chiamare su di sé un altro dolore ancora per poter andare avanti... ".

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" E io non griderò come prima: il destino, il destino. Non bisogna onorarlo il destino, ma guardarlo di faccia, pigliarlo di petto, annientarlo ".

Morte di un fotografo

Autore: Douglas Kennedy
Titolo originale: The big picture

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Ben è uno stimato avvocato con una bella moglie, due splendidi figli, una magnifica casa.
E un senso di insoddisfazione ogni giorno più grande.
Il sogno della sua vita, infatti, era fare il fotografo; sogno oggi relegato in una stanza zeppa di macchine fotografiche all'ultimo grido e accessori costosissimi. La sua esistenza gli sembra una prigione, ed anela quella libertà che sente di aver definitivamente perso.
Come se non bastasse, sua moglie è sempre più lontana, come lui insoddisfatta per essere diventata una mamma in una cittadina di provincia, piuttosto che una famosa scrittrice.
Un giorno Ben scopre che sua moglie lo tradisce con un detestato vicino, anch'egli fotografo, e durante una colluttazione lo uccide.
L'enormità del suo gesto lo travolge, e per la prima volta l'uomo si rende conto di non aver altro desiderio che quello di riprendere la vita fino a poche ore prima tanto odiata.
Ha davanti a sé un bivio: costituirsi e perdere i prossimi vent'anni della vita dei suoi figli, o escogitare un modo per sparire abbandonando comunque definitivamente la famiglia.
E' così che, sfruttando le sue conoscenze in campo legale (e la visione di parecchi episodi di C.S.I., direi io) Ben fa credere che il vicino sia partito, e mette in scena la propria morte.
Comincia in questo modo una nuova vita nel Montana, ma il suo talento come fotografo lo spinge sotto i riflettori.
Anche questa volta la morte sembra dargli una mano, e anche questa volta Ben dovrà scegliere se uscire definitivamente dalla vita di qualcuno...

In Morte di un fotografo Douglas Kennedy parte da uno spunto non proprio originale -la morte fittizia e l'inizio di una nuova vita-, e crea una storia godibile, interessante, traendone un libro che non annoia, che si legge tutto d'un fiato, e che ci spinge a porci delle interessanti domande: "Può un uomo convivere con l'omicidio di un suo simile e viverne la vita?"; "E' possibile scegliere di lasciare per sempre due figli per non affrontare le conseguenze delle proprie azioni?"; "Sarebbe possibile cambiare la propria vita ormai frustrante senza giungere a tali estremi?".

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Retrocopertina: Ben ha tutto dalla vita: due figli, una bella moglie ed è un avvocato di grido a New York. Eppure non è felice, perché da sempre il suo sogno è di dedicarsi alla fotografia. Un sogno che assume contorni beffardi quando scopre che la consorte lo tradisce... proprio con un fotografo. Disperato, lo affronta in un drammatico confronto, uccidendolo. Nei terribili momenti che seguono, Ben si rende conto che la sua vita è distrutta. Gli resta solo una via d'uscita. Ma è di quelle che non consentono di tornare indietro.

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Giudizio personale: 4/5

domenica 21 novembre 2010

Rivelazione

Autore: Peter Moore Smith
Titolo originale: Raveling

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Pilot è uno schizofrenico - o, almeno, questo è quello che dicono i medici -.
Non è stato più lo stesso da quando, vent'anni prima, la sorellina Fiona scomparve misteriosamente durante un party in piscina.
Pilot continua a vedere la piccola col suo costumino rosso, continua a rivivere quella giornata, con l'assoluta certezza di sapere qualcosa che non vuole saperne di uscire fuori dalla sua testa.
Ma chi crederebbe a uno schizofrenico?
Chi preferirebbe dare adito alle sue parole, piuttosto che a quelle del fratello, noto neurochirurgo?
Chi potrebbe credere alla verità, quando questa supera ogni terribile fantasia?
Claustrofobico, ingannevole, confuso, Rivelazione ci dispiega dinanzi la mente di Pilot, i suoi ricordi, i suoi vaneggiamenti, le sue verità.
Molto belli gli ultimi capitoli, in cui l'attenzione si sposta su altri personaggi, ma sta al lettore capire quando e perchè.
Con un finale, una "rivelazione", davvero molto forte, terribile, inaspettato.

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Retrocopertina: "Questa è la vera natura dell'inganno, distorcere le cose, persuadere senza persuasione: per complicare. È troppo semplice inventare una bugia, dire che eri in un posto e non in un altro, negare una serie di eventi. Perché la verità è un groviglio, e ci arrivi ben più facilmente con l'aggrovigliare che con lo sgrovigliare."
Pilot Airie è uno schizofrenico, assalito da ricordi confusi, immagini sfuocate. Rivelazioni. Un episodio lontano, una bambina scomparsa vent'anni prima, sua sorella Fiona, lo tormenta.
Da quel tragico fatto in poi la sua famiglia si è come "disintegrata". Le ombre del passato non hanno mai abbandonato Pilot, stanco di cercare rifugio nella "zona grigia" della malattia e negare il ricordo. Spaventato ma ancorato alle sue poche certezze, Pilot combatte un altro nemico, più grande e potente: la presenza sicura e solida del fratello maggiore, Eric, un celebre neurochirurgo, uomo in grado di minarne le certezze e di relegarlo al ruolo di stralunato e pericoloso visionario. Ma niente potrà più impedire alla verità di tornare a galla con prepotenza anche dopo tanti anni...
Questo romanzo raro e inquietante svela la maestria di Moore Smith nel ricostruire i pensieri confusi e psicotici di Pilot e la forza prorompente della verità coinvolgendo il lettore nei tentativi di Pilot di cogliere tracce di verità nel continuo ondeggiare tra realtà e illusione. Un thriller costruito come una fitta ragnatela, da sbrogliare passo dopo passo, frammento dopo frammento, rivelazione dopo rivelazione...


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Giudizio personale: 4/5



sabato 20 novembre 2010

La casa del sonno

Autore: Jonathan Coe
Titolo originale: The house of sleep

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Ashdown è una grossa e severa costruzione a picco sul mare, che nella metà degli anni Ottanta ospita svariati studenti universitari; tra questi: Sarah, le cui scelte condizioneranno la vita di tutti; Gregory, studente di medicina, insensibile e razionale; Veronica, passionale a battagliera lesbica amante del teatro; Robert, romantico e fragile; Terry, cinefilo al massimo grado.
Le vite dei ragazzi si intrecciano per un breve, significativo, lasso di tempo, prima che ognuno prenda la propria strada, lontano dagli altri.
Ma possono davvero restare del tutto separati, dei destini, quando sono stati coinvolti sentimenti così forti e duraturi?
Dodici anni dopo, negli anni Novanta, ritroviamo gli ex-studenti ormai adulti, ormai alle prese con una vita fatta di rimpianti, sogni inesauditi e scevra da passioni.
Ma ecco che Ashdown ritorna, trasformata in una clinica per i disturbi del sonno, diretta da un medico di nome Gregory convinto che la malattia sia proprio il sonno, e non la sua mancanza, coadiuvato da una psicologa di nome Cleo, lo stesso che Sarah aveva sognato essere quello di un'inesistente gemella di Robert.
E Robert ritorna in un messaggio sul muro trovato dietro un armadio, torna in una poesia lasciata a pagina 173 de "La casa del sonno", libro simbolo della relazione tra Veronica e Sarah.
E torna Veronica, negli occhi di una bambina triste, e Sarah, finalmente consapevole di essere narcolettica; torna Terry, che non riesce più a sognare, e torna Ruby, che sta ancora cercando il modo di sdebitarsi per una meravigliosa giornata della sua infanzia.
E torna la speranza per qualcuno; arriva al capolinea qualcun altro.

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Retrocopertina: Dopo La famiglia Winshaw, un altro caleidoscopio di invenzioni narrative e un'altra girandola di personaggi ora commoventi ora comici, in un dormiveglia caotico che non conosce riposo. in La casa del sonno si racconta l'avventura di un gruppo di giovani.
Da studenti, nei primi anni ottanta, vivono tutti nella severa Ashdown: Gregory, che studia medicina e ha la mania di spiare il sonno altrui; Veronica, una lesbica volitiva, ultrapoliticizzata e appassionata di teatro; Terry, che dorme quattordici ore al giorno e da sveglio sogna di girare un film che richiederà cinquant'anni di riprese; Robert, romantico studente di lettere, che scrive poesie d'amore per Sarah; e Sarah, appunto, intorno alla quale girano le vicende di tutti gli altri. Dodici anni dopo, Ashdown è diventata una clinica dove si cura la narcolessia e nei sotterranei si svolgono oscuri esperimenti. E' un autentico "castello dei destini incrociati", dove si avverano sogni e si dissolvono visioni; dove c'è chi dorme troppo e chi troppo poco, chi ama sognare piuttosto che vivere e chi non vorrebbe perdere un solo minuto di vita nel sonno. E, mentre si interroga ossessivamente sul valore e il significato del sonno, l'eterogenea comunità di studenti, diventata adulta, inciampa nel malessere, nella follia e nelle comiche incongruenze della vita.

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Giudizio personale: 4/5


sabato 13 novembre 2010

Mansfield Park

Autrice: Jane Austen
Titolo originale: Mansfield Park

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Mansfield Park è stato per molto tempo considerato il romanzo didascalico della Austen, una sorta di "guida" al comportamento dedicata alle donne.
Fanny, infatti, la protagonista del romanzo, è a prima vista proprio come gli altri vogliono che sia: ubbidiente, rispettosa, manovrabile, plasmabile, con gli occhi bassi, grata e senza pretese.
Ad un attento esame, però, è possibile cogliere il messaggio che l'autrice voleva trasmetterci: Fanny non è un modello di virtù da seguire, è bensì una vittima del sistema educativo del tempo, è una ragazza che viene accettata dai suoi simili solo soffocando la sua vera natura e la propria spontaneità ed è di continuo minacciata dall'accusa di essere un'"ingrata", il che la costringe a comportarsi secondo i dettami e i desideri altrui.
"Odio Fanny" afferma una delle protagoniste del Club di Jane Austen " è sempre così perfetta! ".
In realtà Fanny non è per niente perfetta -nel senso vittoriano del termine-, ciò che mi ha stupito, è che ella è assolutamente vivace, e la Austen è stata capace di fare in modo che il lettore possa sentire tutta quella vivacità, ma capisca anche quanto questa sia repressa e quasi impossibile da esprimere.
Fanny non è solo sensibile e amante della natura, è anche capace di approfittare del suo status di "buona" per cercare di condizionare il cugino Edmund riguardo a Mary Crawford, ed ha abbastanza coraggio da rifiutare la proposta di matrimonio del fratello di questa, mettendosi apertamente contro l'idolatrato zio Sir Thomas.
In particolare in questa scena, una delle più drammatiche del libro, la Austen critica, come in tutti i suoi romanzi, il modo in cui erano trattate le donne ai suoi tempi.
Sir Thomas, pur severo e distante, si era comportato sempre con benevolenza con Fanny, guadagnandosi la sua gratitudine e il suo affetto.
Ed è proprio facendo leva su tali sentimenti e sulla condizione sociale della ragazza, che egli tenta di costringerla ad un matrimonio "desiderabile" ed "onorevole", fino a giungere, non volendo vedersi sconfitto, alla punizione di inviare la nipote nella casa natia, perchè la casa di suo padre le avrebbe insegnato il valore di una buona rendita, e l'avrebbe fatta diventare più saggia (e propensa a sposare Mr Crawford).

" Devo forse capire [...] che hai intenzione di rifiutare Mr Crawford? [...]
C'è qualcosa in tutto ciò che sfugge alla mia comprensione. Ecco un giovanotto che desidera sposarti, ed è raccomandabile sotto ogni aspetto; non solo per posizione sociale ed economica e carattere, ma per una simpatia e dei modi fuori del comune, e per una conversazione e uno spirito che affascinano chiunque. [...].
Non serve a niente, me ne rendo ben conto, parlarti. [...]
Aggiungerò soltanto, dunque, in quanto ritengo mio dovere dirti ciò che penso della tua condotta... che hai deluso qualsiasi aspettativa mi fossi formato su di te, e hai dimostrato di avere un carattere che è esattamente l'opposto di quello che io supponevo. [...] mi ero fatto di te un'opinione molto favorevole. Ti avevo creduto immune dall'ostinazione, dalla presunzione e da quell'indipendenza di spirito che tanto prevale ai nostri giorni, persino in giovani come te, e che in giovani come te è offensiva e repellente più di ogni altro difetto comune. Ma tu ora mi hai dimostrato di saper essere ostinata e ribelle, hai dato prova di potere o volere decidere per te stessa, senza alcuna considerazione o deferenza per coloro che hanno sicuramente qualche diritto a guidarti - senza neppure chiedere il loro consiglio. [...]
Pensi solo a te stessa [...] stai gettando via un'opportunità di sistemarti bene nella vita, in modo altamente desiderabile, onorevolmente, nobilmente, quale probabilmente non ti si presenterà mai più. [...].
Tu non hai verso di me gli obblighi di una figlia. Ma Fanny, se il tuo cuore può assolverti dall'ingratitudine... ".
Fanny si dimostra in questo caso una donna (o meglio, una ragazza, ha solo 18 anni) molto forte; benchè le parole dello zio e l'accusa di ingratitudine la feriscano molto, ella per una volta rifiuta di chinare il capo e dire sì.
Come si può ben comprendere, io, contrariamente alla Sylvia del Club, non ho affatto odiato Fanny, anche se ammetto che la prima volta che ho letto Mansfield Park, ella mi era piuttosto indifferente.

Davvero molto belle le scene in cui Fanny, a Portsmouth a casa del padre, fa chiarezza sul suo senso d'appartenenza: vissuta per circa otto anni a Mansfield come parente povera, Fanny accoglie con piacere l'idea di fermarsi per qualche tempo nella casa natia. Una volta lì, però, si accorge di appartenere a quel luogo ancor meno di quanto appartenga a Mansfield.
Troppo povera per i Bertram, troppo signorile per i Price, Fanny in realtà non appartiene a nessuno di loro. Ella è come divisa in due, ma la parte più consistente propende per Mansfield, e la ragazza capisce -e ciò ci è narrato con parole molto toccanti, oserei dire- che dentro di lei "casa" è solo una delle due, quella dei Bertram.

Meritano di essere menzionate le zie, la zia Bertram e la zia Norris.
La prima, moglie di Sir Thomas, è stata una bellezza, ha contratto il suo matrimonio onorevole, e passa il tempo preoccupandosi più del suo cane che dei propri figli, occupandosi di lavori di ricamo privi di alcuna utilità e bellezza e dormendo, completamente ignara di ciò che accade intorno a lei ed incapace di prendere qualsiasi decisione.
La sua dimensione più "umana" emerge quando il figlio maggiore si trova in pericolo di vita, e fa tenerezza il suo bisogno di avere Fanny accanto ed il modo in cui accoglie la ragazza di ritorno da Portsmouth.
La zia Norris è un personaggio austeniano per eccellenza, uno dei meglio caratterizzati.
Vedova di un pastore, sempre timorosa di essere lasciata a se stessa, fa di tutto pur di rendersi indispensabile, al punto da desiderare di essere la prima a dare la notizia in casa di un'eventuale morte di Sir Thomas, partito per Antigua.
Letteralmente innamorata della nipote Maria, considera Fanny, della quale ha comunque proposto l'adozione, un peso e l'elemento più insignificante della famiglia, a causa delle sue origini. Frugale e risparmiatrice alla massima potenza, riesce sempre a portare a casa qualcosa con cui riempire la propria credenza.
Il modo in cui è descritta mi ha fatto immediatamente pensare al Mr Collins di Orgoglio e Pregiudizio.
Particolare in questo romanzo anche la figura del villain, Mr Henry Crawford.
Dongiovanni impenitente, comincia a corteggiare Fanny per una scommessa con se stesso, e finisce per innamorarsene. Uno spiraglio di quello che avrebbe potuto essere, ce lo offre la Austen mostrandoci l'uomo che addirittura raggiunge la ragazza a Portsmouth ed interagisce con la sua "poco onorevole" famiglia, e quando ci proietta in un possibile futuro in cui Fanny, dopo le nozze di Edmund con Mary, avrebbe accettato di sposarlo.
Ed Henry ci fa quasi pena, quando invece si ritrova di nuovo rifiutato dall'unica donna che è stata capace di farlo innamorare, e per la quale, giura, sarebbe cambiato (ma poi, lo avrebbe fatto davvero?).

Sul fronte dell'amore, la storia di Fanny, tra tutte quelle delle eroine austeniane, è forse l'unica che lascia l'amaro in bocca: Fanny è da sempre innamorata del cugino Edmund, l'unica persona ad averla sempre trattata gentilmente; nel corso del romanzo, vediamo però un Edmund completamente preso dalla spregiudicata Miss Crawford (forse perchè del tutto diversa da Fanny?). Solo quando l'uomo si renderà conto della vera natura della donna che ama, rivolgerà finalmente le sue attenzioni a Fanny - che ha comunque sempre amato come una sorella -, perchè è stato lui a "plasmarla" ed a farne quello che lei è diventata: una ragazza virtuosa, con gli stessi interessi del cugino, lo stesso modo di sentire, dispostissima a farsi indirizzare da lui.
" Aveva continuato ad amarla, guidarla e proteggerla come aveva sempre fatto da quando lei era una bimba di dieci anni, l'animo di lei si era in gran parte formato grazie alle sue cure, il conforto di lei dipendeva dalla sua bontà, ella era per lui oggetto di un interesse vigile e peculiare, e gli era resa ancora più cara da tutta l'importanza che lui, più di chiunque altro a Mansfield, aveva ai suoi occhi... che cosa mancava ormai, se non che lui imparasse a preferire dolci occhi chiari a degli sfavillanti occhi scuri? ".

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Retrocopertina: Mansfield Park, uno dei romanzi più noti e discussi di Jane Austen, narra la storia di Fanny Price. Adottata, ancora bambina, dagli zii Sir Thomas e Lady Bertram, Fanny viene accolta e allevata nella loro lussuosa proprietà di Mansfield Park. Qui cresce, parente povera in un ambiente d'elite, e misura tutta la distanza fra il proprio modello educativo -fondato sul senso del dovere, l'abnegazione, la virtù - e quello, in particolare, della spregiudicata Mary Crawford. Alla fine la protagonista sposerà il cugino Edmund, figlio di Sir Thomas, e con lui si stabilirà definitivamente a Mansfield Park.
Al di là dell'apparente trionfo della morale tradizionale, la narrazione contiene un'implicita e corrosiva critica della cultura dominante del primo Ottocento: Fanny - suggerisce l'autrice - realizza, infatti, l'ascesa sociale al prezzo della negazione della propria libertà e spontaneità.
Mansfield Park ha il suo vero coentro nel tema scottante dell'educazione femminile e dimostra tutta la modernità di Jane Austen, le cui opere, non a caso, conoscono oggi uno straordinario e duraturo successo, coronato anche da fortunate trasposizioni cinematografiche.
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Giudizio personale: 5/5

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E' del 1999 il film Mansfiel Park con Frances O'Connor e Johnny Lee Miller.

Pur essendo una pellicola molto piacevole, questa trasposizione non risulta molto fedele al romanzo della Austen. Probabilmente perchè ispirato anche alle lettere dell'autrice stessa, Fanny è una scrittrice, e diversamente dal suo corrispettivo cartaceo, esprime molto di più la sua vivacità e le sue opinioni (e devo dire che vedere Fanny Price rispondere a tono alla zia Norris è una gran bella soddisfazione!).
Si dà qui ampio spazio alla tratta dei neri, grazie alla quale i Bertram, nel romanzo, si sono arricchiti, e al modo in cui Sir Thomas si rapporta agli schiavi.

La storia tra Edmund e Fanny è molto più romantica che nell'originale: pur infatuandosi di Mary Crawford, il cugino è innamorato, seppur inconsciamente, di Fanny sin dall'inizio del film, e non sono rari i momenti romantici tra i due.
Frances O'Connor è una Fanny molto carina, e un giovane Johnny Lee Miller, che sarà un perfetto Signor Knightley in Emma del 2009, figura bene anche nel ruolo di Edmund Bertram.
Molto belle le scene a Portsmouth con Henry Crawford, e la sorpresa dei fuochi d'artificio -del tutto inedita- è un'aggiunta piuttosto carina.
Non mi è piaciuto che Fanny si rivolga sempre allo spettatore quando scrive, ed anche dopo il bacio con Edmund.
Come già detto, è questa una versione di Mansfield Park molto piacevole, ma che potrebbe deludere chi spera di trovarla del tutto aderente al romanzo.
Posto un video con le scene più significative tra Edmund e Fanny:


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Nel 2007 è stata invece realizzata una trasposizione di Mansfiel Park ad opera della BBC, e devo dire che ne sono rimasta un pò delusa.

Billie Piper è una Fanny piuttosto bruttina, e Blake Ritson, che nel 2009 sarebbe stato un ottimo Mr Elton, non riesce a dare nemmeno un'ombra di fascino ad Edmund Bertram. E se è vero che anche l'occhio vuole la sua parte, vederli insieme negli stessi fotogrammi è come ricevere un pugno, in quell'occhio.
Altra "pecca" del film è l'eliminazione dell'episodio riguardante Portsmouth -sembra che le riprese siano state fatte tutte all'interno della casa e in giardino- : Fanny viene semplicemente lasciata sola a casa, mentre gli zii si allontanano alcuni giorni per una visita.
Anche il ballo per il compleanno di Fanny è sostituito da un semplice pic-nic, ma tutto sommato la cosa risulta gradevole.
Molto aderente al testo l'atteggiamento di Edmund, presissimo da Mary Crawford per buona parte del film.

sabato 6 novembre 2010

Lost and found

Autrice: Jane Sigaloff
Titolo originale: Lost & Found

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Lost and found è il primo libro della collana Red Dress Ink che ho letto.
Si tratta di una commedia romantica dalla trama piuttosto lineare e prevedibile:

lei, bella e giovanissima, avvocato in carriera con amica coniugata, amica avvocato, coinquilina interinale e piuttosto facile, corteggiata dal capo sposato, ossessionata dalla linea, dimentica il suo diario in un cassetto di una stanza d'albergo.

Lui, che lavora per una emittente televisiva, gira documentari di dubbio gusto, indossa t-shirt di gusto ancor più dubbio, naturalmente trova il diario, naturalmente lo legge, ed ancor più naturalmente vola dagli Stati Uniti in Inghilterra spinto dalla curiosità di conoscerne la proprietaria.

Da qui una serie di malintesi, rifiuti, tira-e-molla, passando per un padre col cancro e un trasferimento oltreoceano, fino ad... una panchina in una strada affollata, dove non svelo cosa succede (e come si conclude la storia).

Benché pecchi per una trama non proprio originale, Lost and Found non risulta un romanzo noioso, è ben scritto, ed abbastanza lungo da dare il giusto spazio a tutti i personaggi, così che anche quelli minori -come la sorella del protagonista o il padre della protagonista- possiedono coerenza e spessore.

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Quarta di copertina: Il tuo diario non ti tradisce mai (al contrario degli uomini).

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Giudizio personale: 4/5

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Della collana Red Dress Ink:

domenica 24 ottobre 2010

La tenda rossa

Autrice: Anita Diamant
Titolo originale: The red tent

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La tenda rossa è un bel libro che vede protagonista Dinah, l'unica figlia femmina del personaggio biblico Giacobbe.
La storia comincia proprio con l'arrivo di questi all'accampamento di Labano, che diventerà poi suo suocero.
Giacobbe, infatti, ne sposerà le figlie, prima Leah e poi Rachele, ed avrà dei figli anche con le sorellastre di queste, Zilpha e Bilhah.
Ho scelto questo libro perchè le storie che riguardano Giacobbe -o almeno, le trasposizioni televisive riguardo a queste storie- sono sempre state le mie preferite tra quelle bibliche; l'amore tra l'uomo e Rachele, la moglie che prediligevo, mi sembrava molto romantico (per quanto romanticismo possa esserci in un matrimonio poligamo).
L'autrice, però, mi sembra che accordi la sua preferenza a Leah; Rachele è la più bella, perciò indolente, anche se alla fine non ne esce troppo male.
Quello che vorrei sottolineare è che questo non è affatto un libro religioso, il Dio di Giacobbe non viene esaltato nè è il protagonista, è solo una divinità, come d'altronde lo sono tutte quelle adorate dai personaggi femminili.
Perchè in effetti questa è principalmente una storia di donne, donne vissute in un'epoca non certo facile, in cui le loro vite e le loro emozioni dovevano cedere il passo a quelle degli uomini, completamente ignari del loro mondo segreto e dei loro desideri, tra cui quello di non essere dimenticate (nella stessa Bibbia, dopo l'oltraggio di Sichem, Dinah non viene più menzionata, nemmeno tra i figli di Giacobbe).
Ma, dicevo, la protagonista della Tenda rossa è Dinah; la Diamant ci fa assistere alla sua nascita, ce la fa vedere bambina intenta nei giochi con Giuseppe, poi donna innamorata e donna disperata, madre, levatrice, amica, figlia amata e dimenticata, sorella tradita; sola suo malgrado, ci insegna il coraggio, quello di uscire dall'oblio e ricominciare a vivere.
E' questo un libro davvero emozionante, oltre che un'interessante ricostruzione della vita di quelli che sarebbero diventati i primi ebrei, è una storia mai noiosa, che ci accompagna finché, con dispiacere, non ci accorgiamo che è finita.

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Quarta di copertina: " Entrai nella tenda con un nuovo orgoglio. Da quel momento in poi sarei stata bene accetta in ogni tenda dove Rachele e Inna assistevano una partoriente. Da quel momento in poi avrei potuto versare il vino e fare offerte di pane alla Luna Nuova, e presto avrei appreso i segreti che uniscono uomini e donne ".

Rivolgendosi alle donne di tutti i tempi per lasciare memoria di tradizioni dimenticate e di un duro destino cancellato dalla storia, Dinah rievoca le vicende della propria famiglia, quella del patriarca Giacobbe, di cui è l'ultimogenita e l'unica figlia femmina. Il racconto inizia con l'arrivo di Giacobbe all'accampamento di Labano, padre di quattro ragazze: due di loro diverranno le sue mogli, portandogli in dote anche le sorelle minori. La tribù del patriarca si arricchisce di molti figli maschi, ma le donne sentono la mancanza di qualcuno che possa raccogliere un'eredità di ricordi, canti e leggende. Così la nascita di Dinah viene vissuta come una festa nella tenda rosse, il luogo, precluso agli estranei, dove le donne si riuniscono nei momenti più importanti della vita. Quando Giacobbe decide di partire con la sua famiglia verso la terra di Canaan, Dinah comincia a seguire la zia Rachele, abile levatrice, come aiutante; ha così l'opportunità di conoscere il principe Shalem. Tra i due nasce una passione intensa che provocherà una lacerazione insanabile tra Dinah e la sua famiglia, e segnerà in modo tragico il suo destino.

"L'autrice non si è limitata a ricreare la atmosfere del mito biblico: ha voluto cercare di capire come era la vita delle donne di allora per descriverla attraverso gli occhi della protagonista".

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Giudizio personale: 5/5

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Approfondimenti - Le principali differenze tra il romanzo e il testo biblico

- Nella Bibbia Giacobbe sposa per prima Leah (o Lia) a causa di un raggiro di Labano. Questi, infatti, fa indossare il velo nuziale, che copre il viso, alla figlia maggiore invece che a Rachele, perchè afferma che, secondo la tradizione, non si può permettere alla più piccola di sposarsi prima della più grande;
nel romanzo Giacobbe sposa prima Leah perchè Rachele, terrorizzata da Zilpha riguardo alla prima notte di nozze, supplica in lacrime la sorella affinché prenda il suo posto.

- Nella Bibbia Giacobbe non sa di aver sposato Lia e, quando si accorge del fatto, va su tutte le furie;
nel romanzo Giacobbe già prima delle nozze si accorge che la sua sposa sarà Leah, ma non protesta; in seguito, d'accordo con la moglie, si fingerà arrabbiato.

- Nella Bibbia le mogli adorano il Dio di Giacobbe;
nel romanzo le donne continuano ad adorare i propri dei.

- Nella Bibbia Dinah viene rapita e violentata da Shalem, che però ne è innamorato e la chiede in moglie;
nel romanzo Dinah e Shalem si innamorano l'un l'altra e la ragazza gli si concede di sua spontanea volontà.

- Nella Bibbia la strage di Sichem è raccontata come un atto compiuto dai fratelli per vendicare l'onore della sorella, ma Giacobbe non lo avalla, anzi, ha dure parole per i figli assassini prima di morire;
nel romanzo i fratelli di Dinah compiono la strage solo per avidità ed invidia, e Giacobbe sembra piuttosto indifferente, per non dire d'accordo.


sabato 9 ottobre 2010

L' Abbazia di Northanger

Autrice: Jane Austen
Titolo originale: Northanger Abbey

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L'Abbazia di Northanger è l'ultimo romanzo di Jane Austen che io abbia letto, il che non depone a favore della storia, visto che la piccola Cathy non può reggere il confronto con Elizabeth, Anne o Emma.
Ciò che mi ha colpito, però, è stato il fatto che, diversamente da quanto si legge su tutti i retrocopertina, che insistono sulle fantasie e i sogni gotici di Catherine, protagonista del racconto è come sempre la società inglese, la vacanza a Bath con i suoi immancabili balli, le nuove conoscenze, i fraintendimenti e l'amore.
Cathy è semplicemente una ragazzina molto giovane e ingenua, che non sa niente della vita, e si innamora del primo giovane gentile che le rivolge la parola e qualche complimento; è però imbevuta di fantasie fatte di atmosfere truci, eroi, combattimenti all'ultimo sangue, donzelle in pericolo, frutto delle sue assidue letture.
Ed i suoi sogni ad occhi aperti occupano una parte davvero modesta di tutta la storia.
Ciò che risalta, in questo libro, e che ci dà un indizio del fatto che sia antecedente ad Orgoglio e pregiudizio e agli altri capolavori austeniani, è la costante, palpabile presenza dell'autrice, che si interroga, ci interroga, fa considerazioni, esprime dubbi, diversamente dagli altri romanzi, in cui la sua presenza, pur sempre costante, è impalpabile, sfuma e si nasconde dietro le parole, i gesti, i pensieri dei suoi personaggi.

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Retrocopertina: L'Abbazia di Northanger, antica dimora medievale del futuro suocero, accende l'immaginazione della protagonista: Catherine, una giovane ingenuamente romantica, nutrita dalla lettura di libri tenebrosi, che fantastica di misteri e delitti inesistenti. Questa cornice "noir", entro la quale si svolge una storia d'amore contrastata, è resa dalla Austen con vena ironica, leggera ma graffiante, che percorre tutto il romanzo e che affianca, come scrive Bertolucci, "quella sua qualità suprema, che è solo sua e di certi pittori del Seicento olandese, di dare la vita di tutti i giorni nel quieto brusio delle faccende quotidiane".

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Giudizio personale: 4/5

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Nel 2007 Itv ha prodotto una trasposizione televisiva di Northanger Abbey, con Felicity Jones nel ruolo di Catherine.
Anche questa volta, purtroppo, dobbiamo accontentarci dei sottotitoli in italiano, in quanto non c'è stato un doppiaggio nella nostra lingua.
E' un film ben fatto, la protagonista è molto credibile nella parte della ragazzina ingenua; John Thorpe è untuoso al punto giusto; Carey Mulligan, già Kitty in Orgoglio e Pregiudizio del 2005, è molto brava ad interpretare la superficiale e arrivista Isabella Thorpe; brava anche l'interprete di Eleanor Tilney, Catherine Walker; forse poco affascinante il protagonista maschile, JJ Field, nei panni di Henry Tilney.
Belle le ricostruzioni dell'Inghilterra a cavallo tra XVIII e XIX secolo.



La bambina Lazarus

Autore: Robert Mawson
Titolo originale: The Lazarus child

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Anni fa sentii molto parlare di questo libro, così, quando l'ho visto, spinta dalla curiosità mi sono decisa a prenderlo.
Beh, non rientrerà certo nel novero dei libri che ho apprezzato di più...
in breve, una dottoressa ventiseienne, Lizzie, ha trovato il modo per "riportare indietro" i ragazzi e i bambini caduti in coma profondo in seguito ad incidenti di vario tipo.
La ragazza è infatti convinta che, più o meno in profondità, anche i pazienti dichiarati irrecuperabili ci siano, e che grazie a innovativi macchinari e stimolazioni di vario tipo, possano essere recuperati.
Ciò però non si rivela sempre la scelta giusta: alcuni ragazzi muoiono durante il trattamento; altri "riemergono", ma profondamente limitati e con una qualità di vita ai minimi livelli.
E' a Lizzie che si rivolgono gli Heywood, genitori -e nonna- di una bimba investita da un autobus mentre il fratellino più grande, Ben, assisteva impotente alla scena e che, insieme alla sorellina, ha perso anche la voglia di vivere.
Lizzie si dedica con tutto il cuore a questo caso, anche perchè, da piccola, assistette con altrettanta impotenza alla morte di suo fratello minore, ed il suo impegno per far "risorgere" la piccola e Ben la porterà proprio in quella profonda oscurità da cui ha sempre cercato di salvare gli altri...
la prima parte della storia è interessante, mi sono piaciute le dinamiche familiari degli Heywood, molto verosimili, e la figura della nonna dei bambini è stata quasi da subito la mia preferita, per la sua simpatia, il suo coraggio, la sua bontà; a lungo andare però la storia si fa noiosa, la piccola storia d'amore che nasce tra la dottoressa e l'agente Boyd è prevedibile, la questione del recupero dei bambini troppo inverosimile. Ed il finale lascia l'amaro in bocca.

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Retrocopertina: Un drammatico viaggio nel buio. Verso la luce.
Ben Heywood aveva solo dodici anni quando sua sorella fece il salto nelle tenebre. Era stata una questione di secondi: Ben aveva attraversato la strada per comprare un fumetto e un pò di mentine, senza accorgersi che lei lo aveva seguito e si era fermata con l'amichetta in mezzo alle automobili sfreccianti. Il tempo si era fermato per un attimo, poi quello schianto atroce... ora la bambina è in coma, e ben sta morendo dentro. Ma la dottoressa Elizabeth Chase ha scoperto come oltrepassare il confine tra il nostro mondo e quello che c'è al di là. Un viaggio delicato e impossibile che soltanto Ben potrà affrontare. Per morire con la sorellina o risorgere.

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Giudizio personale: 2-3/5


Cronache del Mondo Emerso III

Autrice: Licia Troisi
Sottotitolo: Il talismano del potere

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Forse perchè ho cominciato questo libro un pò "per forza", in quanto non ne avevo altri ancora non letti, che all'inizio la storia mi è parsa piuttosto noiosa.
Ma poi le descrizioni dei santuari in cui si reca Nihal allo scopo di completare il talismano, mi hanno del tutto incantata; in esse Licia Troisi ha dato un'ulteriore prova del proprio talento.
In quest'ultima parte delle Cronache si compie il cammino di crescita della mezzelfo Nihal; si schiudono i suoi sentimenti per Sennar; il male viene finalmente sconfitto, anche se, con una nota piuttosto veritiera e amara, i protagonisti sono consapevoli che il Tiranno non è nè il primo nè l'ultimo usurpatore della libertà e della serenità del Mondo Emerso, e che a lui ne seguiranno altri.
Desta meraviglia l'aspetto fisico del Tiranno, che non svelo per non spoilerare il finale, che fa riflettere su quanti volti abbia il male, sul fatto che si possa annidare ovunque, e che spesso è solo causato da altro male...

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Retrocopertina: Mentre l'esercito delle terre ancora libere dal potere del Tiranno crolla sotto l'avanzata delle truppe nemiche e degli agghiaccianti schieramenti dei fantasmi, Nihal, l'ultimo mezzelfo del Mondo Emerso, è in viaggio con il giovane mago Sennar per una missione disperata: recuperare le otto pietre di un talismano dai poteri infiniti, capace di porre fine alla guerra. Ciascuna delle otto Terre del Mondo Emerso nasconde all'interno di un santuario una delle pietre dedicate agli otto spiriti della natura: Acqua, Luce; Mare; Tempo; Fuoco; Terra; Oscurità; Aria. Se Nihal riuscirà a raggiungere tutti i santuari e a riunire le pietre nel talismano, potrà chiamare a raccolta gli Spiriti e annullare ogni forma di magia, comprese le terribili armi del Tiranno. Nella Terra dell'Acqua, intanto, il maestro di Nihal, lo gnomo Ido, scopre di avere un nuovo e terribile nemico che rischia di trascinarlo verso un passato da cui sembra impossibile riscattarsi...

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Giudizio personale: 4/5

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Qui le citazioni dal romanzo

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Cronache del Mondo Emerso I
Cronache del Mondo Emerso II

domenica 3 ottobre 2010

Colpo di... fulmine

Autrice: Erica Orloff
Titolo originale: Mafia chic

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Theresa Marie "Teddi" è l'unica femmina dei diciotto nipoti di "Poppi" Marcello, "padrino" italo-americano, e in quanto tale è trattata alla stregua di una principessina, viziata, coccolata, e sorvegliata dai vari membri della famiglia.
Che però la vorrebbero felicemente -e finalmente- "maritata", possibilmente con un cattolico, italiano, non appartenente alla mafia.
Così Teddi comincia una relazione con un noto giornalista televisivo, ma il suo "colpo di fulmine" è un italo-americano con cui si è scontrata mentre lui la pedinava con un grosso furgone... dell'FBI.
Naturalmente, da italiana, la solita equazione: italiano=mafioso dà non poco fastidio, ma questo libro in pratica si regge su stereotipi riguardanti chi ha origini nel Bel Paese.
Accantonati i temi profondi velati d'ironia e le storie interessanti di Diario di una signora del blues e Tequila a colazione, Erica Orloff ci consegna un libro la cui prevedibilità è davvero l'ultima delle sue pecche.
Le famiglie di Teddi, entrambe italiane ed entrambe mafiose, naturalmente, si incontrano ogni domenica per pranzi luculliani a cui nessuno può dire di no, ed in cui il piatto preferito da tutti, e menzionato fino alla nausea, sono le teste d'agnello (teste d'agnello con tanto d'occhi sulle tavole italiane?? Mah...); le donne sono assiepate in cucina, gli uomini davanti alla tv, con i petti villosi coperti da canottiere di materiale scadente, le ragazze in salotto scelgono le scarpe Jimmy Choo "cadute accidentalmente da un camion".
Ma tanto per stemperare il tutto, ogni membro della famiglia ha un cuore grande così, nessuno traffica in droga (oh, no, per amor del Cielo!), la prostituzione non viene nemmeno menzionata, e nell'aria si respira il desiderio di una vita onesta e normale, che probabilmente si realizzerà una volta che la nuova generazione avrà soppiantato la vecchia.
Colpo di... fulmine è un libro leggero, che si legge in fretta, e che, forse, può risultare divertente. Fuori dall'Italia.
Ed è proprio questo il problema.

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Retrocopertina:
La famiglia,
l'amore,
il cibo:
tutti e tre fanno ingrassare.

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Giudizio personale: 3/5


lunedì 27 settembre 2010

Emma

Autrice: Jane Austen
Titolo originale: Emma

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La prima volta che lessi Emma, circa 10 anni fa (come si vede dalla scannerizzazione in alto, il mio costosissimo libro non è certo uno degli ultimi stampati), Jane Austen era per me una scrittrice come le altre, e giudicai il libro senza infamia nè gloria; adesso invece l'ho letteralmente amato!

Il personaggio di Emma da molti è ritenuto il più antipatico uscito dalla penna di Jane Austen; in effetti la giovane donna all'inizio ci appare superficiale, orgogliosa, qualche volta presuntuosa o pettegola (soprattutto se c'è da speculare sulla "perfetta" Jane Fairfax), ma nel corso della storia cambia, cresce, matura, senza perdere la sua freschezza, senza disincantarsi, e diviene assolutamente amabile.

Emma è nata ed è cresciuta ad Highbury, che è tutto il suo mondo, signora assoluta di Hartfield e del cuore del padre, l'ipocondriaco ma tenero signor Woodhouse, viziata dalla signorina Taylor, onorata da tutto il villaggio, in primis dalle signora e signorina Bates.
Le tiene testa solo il signor Knightley, il "cavaliere" (knight) di turno, fratello di suo cognato e assiduo visitatore di Highbury, a cui Emma ha rubato il cuore, ed al quale deve, per altro, le spinte ai cambiamenti che la miglioreranno.

Presenti gli elementi "classicamente" austeniani, la società inglese con la sua "urbanità", i balli, la separazione tra classi sociali, lo splendido paesaggio dell'Inghilterra, la condizione subordinata della donna (memorabile il discorso di Emma a Mr. Knightley, quando questi giudica Harriet più stupida di quanto pensasse, per aver rifiutato la proposta di matrimonio di Robert Martin : 

"...un uomo trova sempre inaccettabile che una donna rifiuti un'offerta di matrimonio. Un uomo pensa sempre che una donna debba essere pronta per chiunque la chieda" 

e ancora: 

"Non è una ragazza dotata di particolari talenti, ma [...] è una bella ragazza [...] e fino a che non sia provato che gli uomini [...] si innamorino di menti piene di cultura, anziché di leggiadri faccini, una ragazza graziosa come Harriet ha la certezza di essere ammirata e desiderata [...]. E poi il suo buon carattere non è un merito così trascurabile, dato che vuol dire una autentica, totale dolcezza d'animo e di modi, un'opinione di sé molto modesta, e una grande facilità a trovare simpatici gli altri. Sbaglierei di molto se il vostro sesso, in generale, non ritenesse una tale bellezza e un tale carattere le qualità più grandi che una donna può possedere".).

Amplissima la galleria di personaggi: il viscido signor Elton; il già citato signor Woodhouse; la dolce e riservata Jane (la cui storia d'amore con Frank è quasi un romanzo nel romanzo); la tenera e petulante signorina Bates; l'insopportabile Augusta Elton (forse uno dei personaggi meglio caratterizzati e assolutamente attuale); il signor Weston sempre pronto agli incontri tra amici; il "farfallone" Frank Churchill; l'arrendevole "povera" ex-signorina Taylor; l'ingenua Harriet; il meraviglioso signor Knightley, e naturalmente Emma, "perfetta pur con tutti i suoi difetti".

È questo -ma credo che ormai sia palese- un libro di cui non mi stancherei mai di parlare e di tessere le lodi, e che ricomincerei a leggere anche subito!

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Quarta di copertina: E' la storia di Emma Woodhouse, affascinante figura di donna che ha ispirato il recente film di successo. Ereditiera bella e un po' viziata, giovane e sola, narcisista e intelligente, Emma, pur ritenendo di non doversi sposare, trascorre il suo tempo cercando di combinare matrimoni tra amici e conoscenti. In questo scenario, solo apparentemente tradizionale, si innesta una serie di fraintendimenti tra la protagonista e gli altri personaggi, quasi una "commedia degli equivoci" che costituisce il motore principale dell'intreccio.
L'eroina austiniana scambia la realtà con la propria immaginazione manifestando, quasi fosse un Don Chisciotte al femminile, una moderna difficoltà comunicativa con gli altri. Alla fine, Emma si rivela una satira divertente e spietata di ogni pretesa di razionalità assoluta.

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Giudizio personale: 5/5

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E' del 2009 una trasposizione per la tv di Emma, ennesimo gioiello della BBC, in quattro episodi. Purtroppo la serie non è stata doppiata in italiano, ma è facilmente reperibile una versione sottotitolata dalle "Italian Romance addict", che hanno fatto un ottimo lavoro, basti ricordare la sciarada di Mr. Elton, tradotta in modo che avesse senso in italiano, e che la soluzione fosse comunque "Corteggiare" (cosa che invece non è stata fatta nella versione con la Paltrow).

È questa sicuramente la trasposizione che preferisco; il fatto che ci siano più episodi permette di rendere la storia così come ce l'ha narrata Jane Austen, e spesso sembra proprio di leggere il libro!

Romola Garai è perfetta nel ruolo di Emma, è carina, fresca, recita benissimo, e ci permette di amare la protagonista così come accade nel romanzo; Jonny Lee Miller/Mr. Nightley è (davvero) molto piacevole, ed in generale tutti gli attori sembrano essere nati per interpretare il personaggio che è stato loro assegnato (la signorina Bates; Jane; i Weston; gli Elton; Harriet; il signor Woodhouse...).

Ne consiglio la visione anche a chi non ha mai letto il libro!



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Il ballo al Corona [Spoiler]

Nella prima scena, il signor Elton umilia Harriet rifiutandosi di ballare con lei, ma il torto viene repentinamente riparato dal signor Knightley, il che rende felice Emma; nella seconda, la stessa Emma ringrazia il signor Knightley per quello che ha fatto per la sua amica, e i due ballano insieme. 



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È del 1996 una versione con Kate Beckinsale, anch'essa disponibile solo con sottotitoli in italiano. Il film è molto ben fatto, la protagonista è carina, anche se non corrisponde all'idea che mi ero fatta di Emma fisicamente (de gustibus...); il signor Knightley è parecchio maturo, il che probabilmente lo avvicina di più al personaggio austeniano, ma indubbiamente lo rende meno affascinante agli occhi dello spettatore contemporaneo.


Mi è molto piaciuto il modo di rendere la storia di Jane e Frank, a cui è stato dato ampio spazio, e che è stata indagata a fondo (ecco scoperto perché Frank ha impiegato così tanto tempo ad aggiustare gli occhiali della signora Bates...), ed anche il finale, che lascia presagire che l'amicizia tra Emma ed Harriet continuerà, nonostante questa abbia sposato Robert Martin (nel romanzoo si dice che le due si sarebbero viste sempre meno, il che, credo, sarebbe risultato logico all'epoca, ma che oggi lascia un po' d'amaro in bocca).

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Sempre del 1996, il film più conosciuto, ma ahimè, anche il più brutto (non me ne vogliano gli estimatori della pellicola).
La protagonista questa volta è Gwynet Paltrow, il signor Knightley è Geremy Northam, ed un giovanissimo ed irriconoscibile Ewan McGregor interpreta Frank Churchill.



C'è da dire che la fotografia è molto bella, ma i tempi ristretti del film non permettono alla storia di svilupparsi a dovere (cosa che invece accade nel precedente, con la Beckinsale). 

Per niente visibile, purtroppo, il cambiamento di Emma; è una ragazza superficiale e snob all'inizio (e antipatica, questa volta bisogna dirlo) e tale rimane fino alla fine, tanto che anche il suo amore per Mr. Knightley pare essere il capriccio di una ragazzina viziata.

Alcuni personaggi sembrano delle caricature, come Harriet e la signorina Bates; e Jane, che dovrebbe essere dolce e riservata, sembra invece una pantera.
La storia della stessa Jane si fonde a volte con quella della signorina Bates (vedi la reazione di questa dopo la gita a Box Hill), e l'intreccio riguardante la giovane Fairfax e Frank Churchill è appena abbozzato.


sabato 25 settembre 2010

La marcia di Radetzky - Citazioni


" La malattia non era altro che un tentativo della natura di assuefare l'uomo alla morte ".

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" Vedeva il mondo tramontare, ed era il suo mondo ".

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" I morti! Non posso dimenticare i morti! [...] io non posso dimenticare nulla di nulla ".

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" ... tanto era il suo amore per la gente quanta la sua disistima ".

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" Ogni mattina aspettava, [...], e sapeva al tempo stesso che aspettava invano ".

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" Fu solo un istante. Ma in quell'istante [...] udì, vide e odorò tutto ciò che nel mondo viveva... ".

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" Si accostò ancora una volta alla finestra come ci si accosta a una riva ".

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" ... erano indifferenti per natura a tutto ciò che accadeva nel mondo e, per così dire,
paralizzati per innata signorilità ".

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" ... le nubi pesanti che il fulmine aveva squarciato precipitavano schiumanti di pioggia con giubilante fragore ... ".

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" Che importava [...] delle centinaia di migliaia di nuovi morti che nel frattempo avevano seguito suo figlio? Che gli importava [...]? E che gli importava del crollo del mondo [...]? Suo figlio era morto. Il suo lavoro compiuto. Il suo mondo crollato ".

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" Anche in occhi stralunati si può guardare! Importante è che siano gli occhi di mio figlio ".



giovedì 9 settembre 2010

Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere

Autore: John Gray
Titolo originale: Men are from Mars, Women from Venus

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Tempo fa qualcuno mi parlò di questo libro come una sorta di "Sex and City".
In seguito ho scoperto che questo qualcuno, il libro, non l'aveva mai letto.
Indubbiamente.
Perchè Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere è un validissimo manuale sulle differenze tra uomo e donna, ed un altrettanto valido aiuto sulla convivenza e i rapporti tra essi.
Di sicuro non è un libro da leggere e riporre in libreria, ma da sfogliare e riprendere, di tanto in tanto, perchè è facilissimo dimenticare che la persona che abbiamo accanto origina da un pianeta diverso, ed ancora più facile perdere qualcosa di prezioso a causa di una stupida, ma fondamentale, dimenticanza.

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Giudizio personale: 4/5